RASSEGNA STAMPA – GIUSEPPE CONTE, LO STATISTA VENUTO DAL NULLA E SECONDO BEPPE GRILLO “SENZA VISIONE POLITICA E CAPACITA’ MANAGERIALI”, PASSERA’ ALLA STORIA NON PER IL RUOLO RICOPERTO DI CAPO DI DUE GOVERNI MA PER AVER COMPROMESSO, CON LE SUE AMBIZIONI PERSONALI, LA POSSIBILITA’ DI COSTRUIRE UNA ALTERNATIVA POSSIBILE ALLA DESTRA INSEDIATASI CON LA MELONI ALLA GUIDA DEL PAESE. MA PERSONALIZZARE E’ BANALIZZARE MENTRE BISOGNA PRENDERE SUL SERIO LA “MANCANZA DI VISIONE POLITICA” RILEVATA DA GRILLO. CONTE PUO’ FARE AFFIDAMENTO SUI CONSIGLI DI MARCO TRAVAGLIO MA LIMITATAMENTE AI FINI DELLA POLEMICA POLITICA. PER GOVERNARE UN PAESE COME L’ITALIA BISOGNA AVERE LO SGUARDO LUNGO, FRUTTO DI TALENTO ED ESPERIENZA, DUE REQUISITI CHE CONTE NON HA. CHI NON RICORDA CONTE PRESIDENTE AI BANCHI DEL GOVERNO CHE CHIEDE A LUIGI DI MAIO: “QUESTO POSSO DIRLO?”. SE NE FACCIA UNA RAGIONE LA SCHLEIN E CONCENTRI IL SUO IMPEGNO SUL RILANCIO DEL PD E DEI VALORI DI CUI E’ STORICAMENTE EREDE. LE “MASSERIE SEGUIRANNO”. CONTE SENZA IL PD NON VA DA NESSUNA PARTE E PORTERA’ IL M5S ALL’IRRILEVANZA.

Estratto dell’articolo di Massimo Franco per il “Corriere della Sera”

La finzione del «campo largo» non si è ancora esaurita del tutto. E il fatto che la commedia degli equivoci tra Pd e M5S si stia consumando in Puglia, epicentro degli intrecci di interessi tra sinistra e grillini, la rende ancora più emblematica. […] Mostra partiti non solo incapaci di trovare uno straccio di unità. Inseguono polemiche che marcano l’assenza di qualunque vera idea di alternativa alla maggioranza di destra. Sanno tanto di una guerra di minoranze condannate a rimanere tali. Ma qualche dubbio su Conte, a Schlein deve essere venuto. Quando ieri ha detto: l’obiettivo dell’alternativa a «queste destre non vorrei che fosse un problema solo mio», riconosce un sospetto diffuso, benché rimosso. Aggiungendo: bisogna «avere chiaro che l’avversario è il governo. Spero che questo non interessi solo il Pd». Ma questa «speranza», questi «non vorrei» sono segni di un’esitazione, di un timore che non nascono tanto dall’incertezza dei rapporti col M5S. Dipendono da quella, più profonda e scivolosa, sugli equilibri interni al Pd, sempre in bilico.