RASSEGNA STAMPA – LA SCHLEIN HA “RIFLETTUTO” E DEVE FARE MARCIA INDIETRO.

NON E’ CHE LE “CORRENTI” INTERNE AL PD SI FOSSERO SCIOLTE MA, PER VARIE RAGIONI ERANO SILENTI. ALMENO VERSO L’ESTERNO. LA SCHLEIN CON LA DECISIONE DI METTERE IL PROPRIO NOME NEL SIMBOLO ELETTORALE DEL PD, HA ATTIZZATO IL FUOCO CHE COVAVA SOTTO LA CENERE E SI E’ VISTA CONTESTARE LA IMPROVVIDA E NON CONCORDATA DECISIONE. MARCIA INDIETRO, QUINDI, E ACCANTONAMENTO ANCHE DELL’OPZIONE DI ESSERE, IN ALTERNATIVA AL NOME NEL LOGO, CAPOLISTA IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. SI DEVE ACCONTENTARE DI ESSERE CAPOLISTA NELLA CIRCOSCRIZIONE CENTRO E ISOLE. UN VIATICO CERTAMENTE NON FAVOREVOLE PER IL VOTO EUROPEO. ANCHE A SUPERARE NELLE URNE LA “SOGLIA PSICOLOGICA” DEL 20 PER CENTO, DOVRA’ AFFRONTARE IN MANIERA APERTA CHI MANIFESTA DISSENSO VERSO LA SUA LINEA E NON SONO POCHI. I “CACICCHI”, PER PARTE LORO, FARANNO PESARE I PACCHETTI DI VOTI ANCHE SE MALEODORANTI. INSOMMA, PER I SOLITI BENEINFORMATI, NEL PD STANNO PREPARANDO IL BENSERVITO ALLA SCHLEIN PER DOPO IL 9 GIUGNO.

1 – “NON POSSO STRAPPARE” LA LEADER SI CONVINCE DOPO LA RIVOLTA DEI BIG MA LA FRATTURA RESTA

Estratto dell’articolo di Lorenzo De Cicco per “la Repubblica”

Il logo era pronto, già abbozzato dai grafici. Ma è rimasto nella cartellina di Igor Taruffi, il responsabile Organizzazione del Pd. Elly Schlein ha cambiato idea tra domenica sera e ieri mattina. Nel weekend si era convinta che piazzare il suo cognome nel logo elettorale delle Europee fosse il giusto compromesso tra le richieste della minoranza, che mal sopportava la sua corsa per Bruxelles, e le pressioni dei fedelissimi che invece spingevano per farla candidare dappertutto, dalle Alpi alla Sicilia. Il simbolo con l’aggiunta «Schlein» avrebbe dovuto, in teoria, essere una proposta di mediazione. Partorita dall’«E-Team», il giro dei fedelissimi di Schlein che così si chiamano nella loro chat su Whatsapp, e accolta senza resistenza da Stefano Bonaccini, l’unico big avvisato, la notte prima della Direzione. Con l’avallo del presidente del partito – e leader della minoranza interna la segretaria era certa di chiudere la partita senza scossoni. Metteva in conto […] che la sinistra di Andrea Orlando si sarebbe mostrata recalcitrante: ma ormai la frattura con questo pezzo della maggioranza dem è profonda […]. Non si aspettava invece la rivolta di più di mezzo partito. Dal patto con Bonaccini si sono sganciati esponenti importanti del correntone del governatore, Energia popolare: il capofila dei cattodem, Graziano Delrio, ma anche Debora Serracchiani. E soprattutto si è sfilata dalla linea Schlein una larga fetta della maggioranza. Al Nazareno c’è chi sospetta che la leader abbia capito di non avere margini quando, durante la Direzione, si è alzato dalla platea Dario Franceschini. L’ex ministro, […] grande sponsor di Schlein al congresso di un anno fa, si è avvicinato alla segretaria e le ha confidato: «Elly, una discussione così non si può affrontare in due ore. Riflettici». Con altri big del partito, nei corridoi del quartier generale di Sant’Andrea delle Fratte, Franceschini era stato ancora più ruvido, nel cassare la mossa. Lo ha ripetuto ieri anche al capogruppo in Senato, Francesco Boccia. Mentre la moglie, la deputata Michela Di Biase, durante la riunione domenicale andava dicendo: «Ma che avete combinato?». Sulla stessa linea […] pure gli ex Articolo 1 di Roberto Speranza. E quindi Pierluigi Bersani, con cui Schlein si è sentita ieri. Più altri parlamentari sparsi, tutti vicini alla segretaria, da Laura Boldrini all’ex leader della Cgil, Susanna Camusso. Molti capicorrente […] ne hanno fatto una questione di metodo, oltre che di merito. «Elly nemmeno ci ha fatto una telefonata, ma si può gestire il partito così?». Con questi numeri, il patto con Bonaccini non reggeva. «Meglio fermarsi », ha scritto ieri mattina nella chat della segreteria il senatore Alessandro Alfieri, braccio destro del governatore nell’esecutivo dem. E una telefonata tra Schlein e lo stesso presidente emiliano, intorno all’ora di pranzo, ha chiuso la questione. Schlein ingoia il rospo, perché alla fine dovrebbe retrocedere anche dall’idea di candidarsi in tutte le circoscrizioni, ipotesi ventilata nelle battute finali della Direzione. Decade quindi anche quello che a molti era suonato come un ultimatum: o il nome nel simbolo o corsa in tutto lo Stivale, non solo al Centro e nelle Isole. «Non posso strappare nel partito – confida alla fine Schlein ai suoi – Tutti devono dare una mano alla campagna elettorale. Senza alibi». Certo, la retromarcia assomiglia a un cedimento alle correnti. E ammacca non solo la segretaria, ma anche Bonaccini, che in contemporanea deve fronteggiare lo scontento dei suoi colonnelli. I cattodem […] sono in pressing su Graziano Delrio perché si candidi in Emilia-Romagna come governatore. E dietro questi movimenti c’è l’insofferenza per il feeling (troppo esclusivo) «tra Elly e Stefano». Della serie: non possono decidere da soli. […]

2 – RETRO ELLY

Estratto dell’articolo di Francesca Schianchi per “la Stampa”

[…] sa bene Elly Schlein che, con questa diretta Instagram in cui ringrazia candidamente «chi ha fatto la proposta» (come se l’idea non fosse venuta da lei e il suo strettissimo entourage), ma declina perché «mi è sembrata più divisiva che rafforzativa», la lettura della vicenda sarà tutta a suo sfavore. Una retromarcia, un tentativo di blitz fallito. E, di conseguenza, una sconfitta della leader giovane e fresca, quella arrivata da Marte per cambiare tutto e, nel giro di un anno, costretta a patteggiare con le correnti del partito come chiunque altro prima di lei. Ma, dopo una notte e una mattina di valutazioni con i suoi fedelissimi, dopo la lettura dei giornali e un’occhiata ai social, la resa alla levata di scudi della Direzione di domenica appare come l’unica possibilità. Un paio di giorni di attacchi e prese in giro – Fratelli d’Italia ha già iniziato, «c’è chi va fiero del proprio leader e chi no», il post che gira sui social – e poi, spera, si cambierà argomento: il male minore, lo considera, date le condizioni. Tira un sospiro di sollievo più di mezzo partito, quello che trasversalmente, dalla maggioranza alla minoranza, si era ribellato all’ipotesi nella riunione di ieri l’altro. […] È quando «fonti Pd» rassicurano tramite agenzie di stampa sul fatto che le liste ormai non si cambiano, e quindi il nome Schlein si leggerà solo al Centro e nelle Isole, che tutti si rilassano. Se non sono riusciti a piegare la segretaria, quantomeno ad addomesticarla. Avrebbe voluto presentarsi alle Europee con cinque capolista donne esterne al partito: dopo una burrascosa segreteria a fine marzo, ha finito per piazzarne solo due, Cecilia Strada a Nord-Ovest e Lucia Annunziata a Sud. Avrebbe voluto candidarsi ovunque, anche in posizione defilata, e quando ha rinunciato all’idea, avrebbe voluto il nome nel simbolo: non porta a casa nessuno dei due risultati. Ma ieri, dopo la tribolata riunione del weekend – «una bella discussione» la definisce Schlein con ottimismo – nel giorno di un’altra sconfitta regionale, in Basilicata, […] prendere la decisione che rendesse il percorso verso la campagna elettorale più ordinato possibile è sembrata l’opzione più saggia. Mettersi alle spalle l’incidente e sperare che questa candidatura, pur in due sole circoscrizioni, riesca a catalizzare l’attenzione mediatica sul duello tra le due leader donne, lei e Giorgia Meloni, in modo da emarginare alleati e avversari. «Ha fatto bene a prendere questa decisione, ma non voleva fare del Pd un partito personale», la sostiene il presidente del partito, Stefano Bonaccini. Anche con lui una parte del partito è indispettito, convinta che avrebbe potuto fare da argine nella notte delle trattative. Ora però tutti ripetono la necessità di guardare avanti: con la campagna elettorale che incombe, non c’è tempo per le discussioni. I conti sono rinviati all’indomani del 9 giugno.