RASSEGNA STAMPA – E’ CONSIDERATO IL NUMERO DUE DELLA LEGA MA LUI FA IN MODO CHE NON SI VENGA A SAPERE. FOSSE PER LUI, VORREBBE ESSERE INVISIBILE. INVISIBILE MA PRESENTE IN TUTTI I GOVERNI A PRESCINDERE DALLE FORZE POLITICHE CHE NE FANNO PARTE. HA COMINCIATO CON BOSSI E NON SI E’ MAI FERMATO, LIMITANDOSI ESCLUSIVAMENTE AD OCCUPARE POSIZIONI DI GOVERNO. GIANCARLO GIORGETTI NON E’ UN LEGHISTA “MAGNA POLENTA” CHE VA IN GIRO COL FAZZOLETTO VERDE AL COLLO ALLE SAGRE DELLA VAL BREMBANA. LAUREATOSI IN ECONOMIA ALLA BOCCONI E’ DAI TEMPI DI BOSSI CHE SI OCCUPA DELLA LEGGE DI BILANCIO E NE CONOSCE TUTTE LE PIEGHE. SICCOME NON SI INCAZZA MAI E STA LONTANO DALLE BEGHE, GODE DI LARGHE E TRASVERSALI SIMPATIE. NON E’ UOMO DI BATTAGLIE POLITICHE, TANT’E’ CHE QUALCUNO GLI HA APPIOPPATO IL NOMIGNOLO DI “SEMOLINO”. A CAZZAGO BRABBIA DOVE E’ NATO NE PARLANO TUTTI BENE: TRANQUILLO, PACIFICO, CONCILIANTE. QUANDO NELLA LEGA INSORGONO CONTRASTI INTERNI LUI SI ALLONTANA SENZA FARE RUMORE. ORA CHE UMBERTO BOSSI HA AUTOREVOLMENTE AFFERMATO CHE LA LEGA DEVE CAMBIARE LEADER PERCHE’ SALVINI L’HA FASCISTIZZATA CONTAMINANDOLA CON LA DESTRA DELLA LE PEN E L’ AFD TEDESCA IL POVERO GIORGETTI NON SA COME REGOLARSI. SUO DESIDERIO SAREBBE ANDARE COMMISSARIO A BRUXELLES E QUESTO SPIEGA QUANTO SIA AFFEZIONATO ALLA MELONI NEI CONFRONTI DELLA QUALE, PERO’, SALVINI NON PASSA GIORNO CHE NON TENTI UNO SGAMBETTO. GIORGETTI NE SOFFRE MOLTO MA FA FINTA DI NULLA, ALLENATO COM’E’ A SOPRAVVIVERE A SE STESSO.

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Estratto dell’articolo di Alessandro De Angelis per “La Stampa”

Sentite qui, e ci vuole davvero una certa maestria nel galleggiare tra i marosi della scomunica bossiana e quelli della resistenza salviniana: «Grazie ai militanti e a Bossi, a Matteo che porta avanti questa battaglia, a Maroni che non c’è più». Ecco, grazie a tutti e arrivederci. Lo fa capire proprio così Giancarlo Giorgetti, sollecitato dal Senatùr per la seconda volta in un mese, che non sarà lui a prendere di petto Salvini per riscattare l’onore del Nord e di quella Lega che del Nord vuole tornare a fare il sindacato scordandosi Marine Le Pen. Del resto l’uomo, così facendo, è sopravvissuto a tutti i segretari (e pure a governi di segno opposto): senza mai contrastarne platealmente scelte sciagurate si è poi ritrovato, al giro dopo, come una Cassandra che aveva visto l’errore: Bossi spazzato via dalle scope, Maroni che con le scope spazza via tutti ma non lui, Salvini, di cui diventa, dopo Maroni, il vicesegretario e l’ideologo della svolta a destra. […] L’anno prima era tra i saggi di Napolitano. E cinque anni dopo sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo più populista di sempre, che vara il reddito di cittadinanza smontato oggi dal Tesoro. Poi il cosiddetto “governo dei migliori”, sempre in un conflitto a bassa intensità con Salvini. Lui, il segretario, gli rimprovera sia la fine del primo Conte, sia il sostegno a Draghi, mentre l’altro, il suo vice, gli imputa, nel primo caso, le modalità del Papeete e, nel secondo, un appoggio poco convinto proprio per andare dietro a Giorgia Meloni: «Matteo non capisce – vaticinò una volta – che verrà il momento, a un certo punto, in cui lei lo scavalcherà al centro». Ed è lì, sui dettami di Bruxelles, che si sono ritrovati entrambi fregando Salvini (e in fondo pure Draghi). «Giancarlo non si tocca», dice lei a chi gli contesta il Loden. E lui non tocca ciò che lei vuole. Si è lasciato scippare, senza combattere, la gestione del Pnrr, passato interamente nelle mani di Fitto. Le nomine, dalla Guardia di Finanza alle prossime su Cdp e Ferrovie, le ha completamente delegate, per indolenza o calcolo, a Meloni e Salvini. Meglio non mettersi in mezzo tra i litiganti, questione di galleggiamento, come non si mise in mezzo tra Draghi e il suo segretario, tra il suo segretario e i suoi amici, quasi tutti epurati dalle liste, e ora tra il suo segretario e i suoi oppositori interni. È stato Zaia, all’ultimo federale, a prenderlo di petto imputandogli il flirt coi nazisti tedeschi e pure Vannacci. Giorgetti è rimasto in disparte. Bofonchia, non si espone, ma poi si ritrova sempre al centro del gioco, come se fosse un caso. Anche a via XX Settembre ci è arrivato per caso. Voleva fare il presidente della Camera, si è ritrovato alla scrivania di Quintino Sella, perché Panetta e Siniscalco dissero di no. Quella gran furbacchiona di Giorgia Meloni lo incastrò lì per incastrare Salvini, che infatti lo vive come una specie di “ministro tecnico”. Mica male: un leghista, ma un po’draghiano, e bye bye flat tax, quota 100 e spesa facile. E solo un grande galleggiatore poteva mettere faccia e firma su un Def di galleggiamento. Potrebbe essere titolato «se ne riparla a settembre», neanche ci fosse un governo dimissionario: un gigantesco «boh» sulle misure da rifinanziare, eccetto lo scontato cuneo fiscale. Colpa del superbonus, ha spiegato, peccato sia diventato una “commedia degli equivoci”. Scottato dai conti che qui non tornano poi, in Europa fa blocco con Visegrad contro l’edilizia green. E così galleggia pure tra l’europeismo sui conti e il sovranismo sulle case. Olé. Gli piacerebbe assai, a settembre, vestire i panni di Commissario europeo, anche se non lo dà a vedere con quell’aria da eterno burbero insoddisfatto, sempre stufo degli incarichi che ricopre dopo averli accettati come se fosse un sacrificio. La volta scorsa dichiarò, sempre con indolenza, che fu lui a non voler fare il Commissario europeo. Le malelingue del suo partito raccontano che invece fu Salvini a non votare Ursula proprio per impedirglielo e tenersi le mani libere. A questo giro dissimula ma non nega proprio un bel niente.   […] Non cercatelo se c’è da fare una battaglia, al partito o al governo. Vabbè, durante la convention sovranista ai Tiburtina Studios, ha bollato il Pnnr come «una montagna di debito soffocata da un mix micidiale di burocrazia italiana ed europea». Non male, detto dal ministro dell’Economia. Ma tanto se ne occupa Fitto, quindi la sparata è innocua, buona per compiacere Salvini. Certo più innocua della bocciatura subita sul Mes. Lì non ha battuto ciglio nonostante fosse un po’anche la sua. Vuoi mettere a tornarci sul serio a Cazzago Brabbia. Ci sarà, potete scommetterci, anche col prossimo segretario della Lega.