RASSEGNA STAMPA – NELLA LEGA UN BRUTTO MOMENTO PER SALVINI…

Emanuela Lauria per la Repubblica – Estratti

Il giorno dopo il flop elettorale in Abruzzo, Matteo Salvini è alle prese con i malumori interni. E con la “grana” delle candidature per le Europee. I dissensi che erano emersi già dopo le Regionali in Sardegna, si sono irrobustiti con il risultato dell’Abruzzo, un 7,5 per cento che il segretario considera un esito soddisfacente ma che è ben al di sotto non solo di quello del 2019 (un inarrivabile 27 per cento) ma di quello, di poco inferiore al 9, delle Politiche. Salvini aveva pronosticato un traguardo a doppia cifra. Lui, il segretario, oggi vede il bicchiere mezzo pieno e lancia subito un messaggio chiaro: venerdì sarà a Padova per una nuova tappa istituzionale-elettorale dell’Italia dei sì. Ma è quella visione del “bicchiere mezzo pieno” che irrita non solo i ribelli ma anche parlamentari non troppo distanti da lui: “Bisogna capire pieno di cosa”, sbotta un senatore lombardo, indicando con fastidio il recente ingresso nel partito di quelli che sono considerati sempre più “corpi estranei”: il generale Roberto Vannacci, l’eurodeputato ex Fi Aldo Patriciello, l’Udc di Cesa, l’Mpa di Raffaele Lombardo. A creare stupore, nelle ultime ore, la campagna acquisti affidata a Claudio Durigon, luogotenente salviniani inviso ai colonnelli del Nord, che in Campania ha reclutato un gruppo di 75 esponenti del movimento “Sud protagonista”, cui si aggiungono altri sindaci siciliani. Lega alla ricerca di consensi per risalire la china ma gli spazi, nella lista delle Europee, sono ristretti. Anche perché, visto il fisiologico calo rispetto al 2019, molti uscenti non potranno essere ricandidati o rieletti. “Ma siamo con Afd o con i democristiani? Qui della linea politica non si capisce più nulla”, dice Paolo Grimoldi, uno dei coordinatori del Comitato Nord di Umberto Bossi, che prima dell’Abruzzo non aveva risparmiato critiche al vicepremier: ”Con questa gente non andiamo da nessuna parte, FI ci ha superato e rischiamo di andare sotto lo sbarramento”, profetizza un governatore. Ecco perché, dalle parti di via Bellerio, è in corso una riflessione sull’elenco dei concorrenti per Bruxelles. Fra resistenze interne e perplessità degli interessati. Lo stesso Vannacci non ha sciolto, non a caso, la riserva, anche se Salvini continua a dirne un gran bene: “Mi piacerebbe averlo in lista”. Ma ora un segretario indebolito deve stare più attento agli equilibri di partito: aveva chiesto pure ai presidenti di Regione Zaia, Fedriga e Fontana di candidarsi ma la risposta finora è stata negativa. Tutto fermo, con l’ex Lega pigliatutto ridotta a terza forza della coalizione. Con un Salvini che ha rinviato sine die il congresso, pur sapendo che una conta lo premierebbe ancora. E un redde rationem (fra i ribelli c’è chi evoca in modo sinistro la notte delle scope in cui saltò Bossi) è solo rinviato a dopo le Europee. E le varie ipotesi di gestione collegiale del partito sono in piedi: tutte vedono Luca Zaia fra i protagonisti, a meno che non arrivi per lui il terzo mandato da governatore.

IL DECALOGO DEGLI ERRORI NELLE CHAT DEI RIBELLI

E.LA. per la Repubblica – Estratti

«Basta, non parlo più con i giornalisti». Montecitorio, interno giorno. Persino Andrea Crippa, il comunicatore per eccellenza della Lega, l’uomo cui Matteo Salvini consegna i messaggi forti, adesso si chiude. Segnale di un momento difficile: non è andata giù, negli ambienti del segretario, l’interpretazione del risultato del voto in Abruzzo, un 7,5 per cento che Salvini ha definito «buono» ma che in realtà è sotto la soglia della doppia cifra pronosticata dallo stesso leader della Lega. Esito che, peraltro, relega il Carroccio al terzo posto nella coalizione. Salvini mette il bavaglio ai suoi in piena sindrome da assedio che riguarda anche l’atteggiamento dei compagni di viaggio: il numero uno di via Bellerio guarda con sempre maggiore insofferenza un asse Meloni- Tajani e crede che alcune letture del voto siano appunto veicolate dagli alleati. E intanto da Verona spedisce un messaggio in bottiglia a FdI: «Il Veneto rimarrà orgogliosamente leghista», per smontare le mire del partito della premier sulla candidatura alla Regione. Come se non bastasse l’insofferenza che monta dentro il partito, soprattutto al Nord e che vede il moltiplicarsi di ipotesi di avvicendamento alla guida del partito dopo le Europee. L’idea di una gestione collegiale non è più un tabù. «È innegabile che sul partito ci sia un dibattito», dice il governatore Luca Zaia, uno che è presente in qualsiasi “triumvirato” disegnato in questi giorni. E che ha già dichiarato la sua nostalgia per la vecchia Lega Nord.   (…)  Per capire il clima che si respira nella Lega, basti pensare che negli ambienti dell’opposizione interna c’è chi sta preparando un dossier con le “capovolte” del segretario in questi anni. Un decalogo con i video smentiti dai fatti o dallo stesso leader. Si parte dal Ponte sullo Stretto, l’ultimo pallino di Salvini che però dichiarava nel 2016: «Non vorrei spendere miliardi di euro per una cosa che gli ingegneri dicono non stare in piedi». Ripescati anche gli interventi sull’eliminazione delle accise, mai fatta, e sul canone Rai: «Verrà tagliato dalla bolletta». Frase subito corretta da Giancarlo Giorgetti che ha precisato che il governo ha solo fatto una riduzione di circa venti euro l’anno. Poi un video memorabile del 2014, in cui Salvini strappava platealmente un ticket del pedaggio autostradale: negli ultimi anni, quelli del governo Meloni, nessuno ha impedito un doppio aumento. Nell’atto di accusa anche un certo garantismo interessato del segretario. Che non si fida tanto della giustizia italiana quando di parla di Vannacci (l’indagine su di lui letta come un complotto) ma molto di più di quella di Putin: «La morte di Navalny? Bisogna attendere la magistratura russa », l’ormai celebre commento alla morte del dissidente russo in un carcere siberiano. Una revenge in chiave grillina che anima la silenziosa contestazione al segretario.