RASSEGNA STAMPA – PARTE IN SALITA IL “PIANO MATTEI” PER L’AFRICA…

1. MELONI ACCOGLIE I LEADER AFRICANI MA IL PIANO MATTEI NON DECOLLA

Estratto dell’articolo di Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”

Di fronte alle delegazioni riunite oggi a Palazzo Madama per la Conferenza Italia-Africa, Giorgia Meloni non riuscirà ad andare molto oltre gli slogan. Annuncerà, certo, alcuni progetti con “Paesi-pilota” sul fronte infrastrutturale e della formazione. Per riuscire davvero a riempire di fatti l’ambizione del Piano Mattei, però, la premier avrebbe bisogno di alleati e sponde solide. Servirebbe il sostegno politico dell’Ue e di Washington. Quello che, a causa delle scadenze elettorali imminenti e di interessi geopolitici divergenti, al momento non si intravede. Una difficoltà a cui si aggiungere la freddezza di alcuni partner africani strategici, in particolare Egitto e Algeria, come dimostra il livello delle delegazioni spedite a Roma. È il tempo dei buoni propositi, a Palazzo Chigi. E della preparazione della campagna elettorale per le Europee. Meloni ha deciso di mettere al centro del 2024 il dossier africano. La prima ragione è cercare di invertire il trend assai negativo sugli sbarchi: per sua ammissione, il fallimento peggiore dell’esperienza a Palazzo Chigi. Non potendo più affidarsi alle promesse di blocchi navali, insegue soluzioni per contenere i flussi. La seconda ragione è più prosaica: si è appena aperta la Presidenza italiana del G7 e Meloni immagina il summit anche come una passerella che le garantisca consenso. […] A Palazzo Madama, Meloni lancerà la volata per il Piano Mattei, un progetto che sulla carta dovrebbe impegnare l’Italia per quattro miliardi in 5-7 anni. Che prevede il coinvolgimento delle partecipate di Stato — da Eni a Enel — negli investimenti sul suolo africano. Che si propone di arruolare anche Cdp, banche private e università nella cooperazione. E che spera di creare le condizioni per aprire hotspot per migranti lungo le coste del Maghreb, sotto l’egida dell’Europa. Progetto ambizioso e lontano dal realizzarsi, si diceva. Egitto e Algeria hanno concesso delegazioni di medio o basso livello (la ministra per la Cooperazione il Cairo, il ministro degli Esteri l’Algeria). Certo, sono presenti 21 tra presidenti e primi ministri africani. Dopo alcuni dubbi, dovrebbe esserci il primo ministro del governo di Unità nazionale della Libia, Abdel Hamid Dbeiba e, soprattutto, il tunisino Saied, che non usciva da tempo dal Paese. Quest’ultimo rischia di essere uno dei protagonisti della giornata: è in affanno, gli mancano 3 miliardi per chiudere il bilancio, finora ha ricevuto solo 150 milioni dall’Europa. Insegue i 900 milioni del Fmi, che restano congelati per l’assenza di riforme. Senza sostegno, Tunisi potrebbe procurare altri problemi migratori all’Italia e all’Europa, anche se Meloni dice alTg1 che l’accordo con Saied va replicato con altri Paesi. Alla Conferenza ci sarà Ursula von der Leyen. Da tempo gioca di sponda con Meloni, cercando la riconferma alla guida della Commissione. […] Ma è evidente che Meloni capirà se è possibile arruolare davvero Bruxelles nella sfida del Piano Mattei dopo le europee, in base ai nuovi equilibri dell’Unione. […]

2. QUEL PIANO MATTEI CHE NON ARRIVA MAI

Estratto dell’articolo di Alessandro De Angelis per “la Stampa”

Più volte annunciato […] e dato come imminente, il famoso “piano Mattei” è stato il vero “Godot” del governo. Lost in “cabina”: perso nell’ennesima cabina di regia, pletorica quanto basta, piuttosto generica negli obiettivi, con pochi denari da spendere. Di concreto, al momento, ci sono solo gli accordi siglati dall’Eni, l’anno scorso di questi tempi, in Algeria e Libia, entrambi utili all’Italia soprattutto sul gas. E proprio il fantasioso e costosissimo accordo con l’Albania di questo ritardo ha rappresentato l’icastica conferma: invece di mettere le basi, in Italia e soprattutto in Europa con un certo vigore, per un approccio “strutturale” al tema Africa, Giorgia Meloni, con un occhio al numero degli arrivi e uno alle elezioni, ha puntato sulla logica squisitamente emergenziale con il ricorso a un paese terzo modello Rwanda. Che, come noto, non funziona neppure in termini di deterrenza. Al di là del fatto che Godot non si appaleserà, in termini di progetti concreti, nemmeno oggi nel corso dell’imponente Conferenza Italia-Africa che si svolgerà a palazzo Madama, l’appuntamento tuttavia è cruciale per capire se siamo davvero di fronte a un vero cambio di paradigma politico. Giorgia Meloni che riunisce a Roma i capi di Stato e di governo dell’Unione Africana, i vertici europei e i rappresentanti di svariate sigle internazionali (dalla Banca Mondiale all’Onu) è la stessa che, alla guida di un partito euro-scettico, proponeva, nel suo programma elettorale, una “separazione” dall’Africa. Separazione, da realizzare attraverso il “blocco navale”, rispetto a un continente percepito come una minaccia, con annesso pregiudizio verso i musulmani. Per quanto sia tutto in fieri, la Conferenza di Roma rivela […] un affrancamento dall’impostazione pregressa. L’idea cioè che il futuro dell’Europa […] si gioca in Africa su molti dossier: energia, squilibrio demografico e immigrazione, sicurezza e terrorismo. È vera in sé, ancor di più dopo che Putin ne ha fatto il secondo fronte della sua guerra asimmetrica e dopo l’esplosione della crisi mediorentale. E ci sono le condizioni di contesto, che la premier sembra voler cogliere, affinché l’Italia, per vocazione e collocazione, possa fare da apripista, proprio nel momento in cui in Europa la Francia ha perso influenza nelle sue ex colonie (Sael, Mali e Centrafrica) e la Germania non ha un rapporto coi paesi africani. Insomma, per Giorgia Meloni si apre una sfida vera, il cui carattere strategico per l’interesse nazionale si misurerà proprio nella capacità di coinvolgere concretamente l’Europa, superando la chiacchiera domestica sul “piano Mattei”  […] sventolato per nascondere il default degli sbarchi. […] Se venisse declinato solo con la leggerezza di una vetrina elettorale non sarebbe a costo zero, ma una specie di “caso Saied” su larga scala, caso emblematico di un accordo mal gestito e diventato un boomerang. Più impegnativo, nelle sue conseguenze da gestire, di un duello tv prima delle Europee.