RASSEGNA STAMPA – Forza Italia fra gossip politici e gossip familiari…

I CAMBIAMENTI DI VERTICE DECISI DA BERLUSCONI NELL’ASSETTO DI FORZA ITALIA HANNO DATO VITA ALLE INTERPRETAZIONI PIÙ COLORITE FRA GOSSIP POLITICI E GOSSIP FAMILIARI. SOTTO IL PROFILO POLITICO VA IN CRISI, A TUTTO BENEFICIO DELLA MELONI, IL RAPPORTO PRIVILEGIATO RONZULLI – SALVINI CHE NON POCHI PROBLEMI CREAVA ALLA TENUTA DELLA MAGGIORANZA DI GOVERNO. SE SALVINI, SOSTENUTO DALLA RONZULLI, PENSAVA DI CHIEDERE, PER LE NOMINE DI COMPETENZA DEL GOVERNO, PIÙ DI QUANTO LA MELONI FOSSE DISPONIBILE A CONCEDERE, ORA SI DEVE RASSEGNARE. AL TAVOLO, PER FORZA ITALIA, SIEDONO TAJANI E GIANNI LETTA. SOTTO IL PROFILO DEL GOSSIP FAMILIARE PARE CHE A SPINGERE CON DETERMINAZIONE, PER I CAMBIAMENTI AI VERTICI DI FORZA ITALIA , SIANO STATE LA “VERA” FIGLIA MARINA E LA “FINTA” MOGLIE DI BERLUSCONI NONCHÉ DEPUTATA MARTA FASCINA. IL TUTTO SOTTO IL CIELO DELLA REGGIA DI ARCORE.

1. DAGONEWS

Il ribaltone in Forza Italia, che ha messo i ronzulliani in un angolo, ha fatto stappare lo champagne non solo alle due autrici del “golpe”, Marta Fascina e Marina Berlusconi, ma vieppiù a Giorgia Meloni. La premier non ha mai amato (eufemismo) la paramedica di Arcore, al punto da opporsi col coltello tra i denti alla sua nomina a ministro (idem per i ronzulliani). Il vero dato politico del siluramento di Licia Ronzulli (l’attuale incarico a capogruppo al Senato è a tempo determinato), è la fine dell’alleanza con il suo “partner-in-crime” preferito: Matteo Salvini. Il rapporto tra i due è datato e risale al periodo in cui l’infermiera prestata alla politica sedeva al Parlamento europeo. La loro sinergia, nel corso del tempo, ha condizionato molte scelte politiche di Forza Italia. I due, ad esempio, convinsero un Silvio Berlusconi poco lucido a mollare il governo Draghi con l’obiettivo, più o meno dichiarato, di fermare sul nascere la crescita inarrestabile di consensi di Fratelli d’Italia. In quel periodo, Gianni Letta, voce governativa e quindi dissonante rispetto ai piani di Salvini e Ronzulli, fu accompagnato da Berlusconi alla porta di Villa Grande, senza troppi convenevoli: grazie Gianni, ma non servi più. L’asse tra il “gatto Matteo” e la “volpe Licia” ha portato anche alla progressiva marginalizzazione dell’ala europeista PPE di Forza Italia guidata da Antonio Tajani, che ha dovuto attaccarsi alla gonna di Giorgia Meloni per ritrovare un po’ di spazio. La presa di potere di Licia ha avuto il suo climax con la nomina del suo “cagnolino” Alessandro Cattaneo a capogruppo alla Camera mentre lei andava ad occupare trionfalmente quello del Senato. Ed arrivò il suo primo fatale errore:  l’inasprimento del conflitto con il novello governo Meloni  arrivò al punto di ordinare ai senatori forzisti di non votare Ignazio La Russa. Poi bastò un sorriso satanico della Santadeché a convincere l’Intronato di Arcore a entrare in cabina e votare ‘Gnazio. Ma fu il solo dei senatori forzisti. Il progressivo riavvicinamento tra Berlusconi e “Io sono Giorgia”, non è stato improvviso, anzi, ci sono stati vari segnali del disgelo, iniziato con il ritiro di costituzione a parte civile di Palazzo Chigi al processo Ruby Ter, a febbraio, proseguito con la medesima decisione nel processo Escort e blindato con la decisione di Mediaset di affidare la conduzione di un talk show politico su Rete 4 a Mister Meloni, Andrea Giambruno. Ora, il nuovo assetto in Forza Italia dimezza la potenza di fuoco di Salvini e la sua forza di interdizione. Il segretario della Lega sognava una federazione tra il Carroccio e gli azzurri, esercitando un’influenza pari al 16% dei voti o poco più. Oggi, è obbligato a contare solo sul suo 8,7% preso al voto politico di settembre, su tutti i tavoli che contano, compreso quello delle nomine nelle partecipate di Stato, dove tra l’altro il “Capitone” troverà, come delegati del Cav, i meloniani Gianni Letta e Antonio Tajani, anziché “Kiss me Licia”. PS. Gianni Letta, per quanto redivivo, non ha avuto un peso nella scelta di Paolo Barelli come nuovo capogruppo alla Camera di Forza Italia. Quest’ultimo, infatti, cordialmente detesta il suo pupillo, che è Giovanni Malagò. Letta avrebbe preferito Deborah Bergamini, ma la scelta è ricaduta sul tajaneo Barelli, a cui è stata riconosciuta una maggiore leadership. Ogni domenica pomeriggio, il presidente della FIN riunisce un manipolo di giovani fedelissimi al Bar Hungaria per un costante coordinamento su strategie, dossier e lavori parlamentari.

2. DALL’UCRAINA AI BALNEARI COSÌ LA NUOVA FORZA ITALIA SPINGE LA LINEA DI MELONI

Estratto dell’articolo di Emilio Pucci per “il Messaggero”

[…] Il nuovo corso di Forza Italia, dopo il cambio del capogruppo alla Camera ma soprattutto le nomine di sette coordinatori regionali, si aprirà domani con l’assemblea azzurra che sancirà il passaggio di consegne del ruolo di guida dei deputati da Alessandro Cattaneo a Paolo Barelli. Ma soprattutto si misurerà sui dossier in Parlamento. Dall’Ucraina al Superbonus, dai balneari ai temi dell’immigrazione: la linea è quella di sostenere con forza, senza se e senza ma, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Anche nelle sue battaglie in Europa. Nelle scorse settimane in diversi all’interno di FI hanno portato avanti una strategia di distinguo su alcuni temi, senza in ogni caso votare in maniera difforme dalle posizioni della premier. Ma ora di quel doppio “binario” – FI come partito di lotta e di governo – ne rimarrà solo uno. «Non cambia nulla», il refrain di chi ha promosso l’operazione, «ma è chiaro che non si andrà più in rotta di collisione» sui provvedimenti in Aula e verrà, tra l’altro, ribadito – se ce ne fosse ancora bisogno – che «sull’appoggio a Kiev non ci sarà alcuni tipo di fraintendimento». Esigenza di totale chiarezza, dunque, niente più dicotomia tra “governisti” e non: con l’accelerazione impressa da Berlusconi, tramite la regia della “moglie” Fascina, la rivoluzione in FI […] si pone l’obiettivo di un rafforzamento dell’asse tra Conservatori e Ppe. Con il partito azzurro che punterà a diventare l’approdo di tutti i moderati per tentare di dar vita, probabilmente dopo e non prima delle Europee, ad un “rassemblement” repubblicano stile americano. E ad uscire ancor più rafforzato dalla svolta decisa ad Arcore è il coordinatore azzurro, nonché vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani. A beneficiare del rinnovamento è soprattutto l’asse Meloni-Tajani. «C’è chi in passato lo ha sottovalutato», dice un fedelissimo del responsabile della Farnesina. «Nonostante l’impegno profuso c’era una discordanza tra il gruppo e il governo. Questo collegamento non c’era, ora potremmo ottenere più risultati», osserva un deputato. «Rischiamo il pensiero unico, di sparire e consegnare Forza Italia alla Meloni, di sdraiarci sul governo, senza mai provare neanche a disturbare il manovratore e a rivendicare la nostra autonomia», la tesi contrapposta.    […] Il Cavaliere ha deciso per la correzione di rotta mandando un ulteriore segnale distensivo al governo. C’è chi assicura che dietro ci sia la spinta della famiglia, chi sostiene che la posizione di FI era troppo filo-leghista e che ora la visione sia più “aperta” in vista delle Europee dell’anno prossimo. Ora si attendono ulteriori sviluppi, con la nomina di nuovi coordinatori. Ma soprattutto i fari sono puntati alla Camera e al Senato: con il governo impegnato su tanti fronti, da quello del Pnrr alle Infrastrutture, dall’autonomia alle bollette.

3.  COSÌ È CAMBIATA LA GEOGRAFIA DI FI MA PER ADESSO NO A NUOVI SCOSSONI

Estratto dell’articolo di Marco Cremonesi per il “Corriere della Sera”

[…] Il nuovo assetto a tre di Forza Italia è ormai tracciato. […] Fascina sarà la depositaria dell’accesso ad Arcore con il ruolo collegato e fondamentale di far scendere per li rami del partito la volontà di Berlusconi. Quello che fin qui aveva fatto di Ronzulli una delle donne più influenti d’Italia. Gianni Letta sarà, come sempre, l’uomo delle trattative, in questo momento serrate per le nomine nelle società a controllo pubblico. E il vice premier Antonio Tajani sarà il garante della pax al governo. La decisione di Berlusconi ormai è presa e anche i tentativi di farlo tornare sui suoi passi sono stati dissolti da un Cavaliere da sempre maestro nel far ritrovare gli interlocutori altrove rispetto al punto di partenza. Così, i messaggi di Ronzulli non hanno prodotto risultati e la telefonata di Matteo Salvini è stata rapidamente deviata su altri temi. Tra l’altro, le questioni aziendali avrebbero giocato un ruolo significativo nelle decisioni: soprattutto in Mediaset, l’interventismo di Ronzulli sui programmi sarebbe stato causa non secondaria di irritazione. Quasi certamente per Piersilvio Berlusconi, che avrebbe dovuto ascoltare le lamentele dei suoi dirigenti, anche se i vicini alla stessa Ronzulli parlano di «falsità».    […] In ogni caso, a breve niente scissioni: «Nessuno di noi — prosegue l’onorevole — ha mai pensato che questa legislatura per il partito potesse terminare come è iniziata. Ma a quasi 5 anni dalle prossime elezioni, l’uscita dal gruppo non avrebbe alcun senso. E in ogni caso non interverremo a gamba tesa come è stato fatto con noi». Anche se c’è chi fa notare che è solo questione di tempo. Il lavoro costante di Giorgia Meloni per costruire il grande partito dei Conservatori — o dei Repubblicani — esercita un’attrazione gravitazionale che difficilmente con il tempo potrà non dispiegare i suoi effetti su parlamentari e quadri azzurri. Per questo, gli eletti vicini a Ronzulli e Cattaneo battono su questo tasto con insistenza: «Noi lavoriamo per l’autonomia di Forza Italia e per il suo futuro. E invece, si è preferito consegnare il partito a Meloni e a #occupyArcore».