RASSEGNA STAMPA

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A PARTE LA BENZINA, IL GOVERNO È ALLE PRESE CON LE NOMINE NEI GANGLI VITALI DEL POTERE A COMINCIARE DAI MEMBRI LAICI NEL CSM. FORZA ITALIA E LEGA SONO IN ALLERTA MA VOCI DALL’INTERNO DEL CDM RACCONTANO CHE DECIDONO TUTTO MELONI E GIORGETTI. LA MELONI DICHIARA E OSTENTA COMPATTEZZA NELLA SQUADRA DI GOVERNO MA, A METTERE INSIEME LE DICHIARAZIONI RILASCIATE DA AUTOREVOLI ESPONENTI DELLA MAGGIORANZA, C’È TENSIONE ANCHE PERCHÉ SUL GOVERNO GRAVITA LA CAMPAGNA ELETTORALE PER LE REGIONALI IN LOMBARDIA E LAZIO.

Articolo di Monica Guerzoni per il “Corriere delle Sera”

Il caro benzina e le nomine di primavera. E poi le armi all’Ucraina, il futuro dei balneari e l’elezione dei membri laici del Csm. Ogni giorno (e su ogni tema) un esponente della maggioranza si alza e rilascia dichiarazioni in controtendenza rispetto alla linea di Palazzo Chigi. A volte sono sussurri, più raramente grida, ma è un continuo controcanto che fa fibrillare il governo. E se nelle stanze della presidenza del Consiglio la parola d’ordine è «niente retromarce», sull’emergenza carburanti il pressing di Forza Italia e Lega è riuscito ad aprire una breccia, che ha incrinato la tetragona resistenza di Giorgia Meloni. Il decreto «trasparenza» sui prezzi di benzina e diesel, approvato il 10 gennaio, a due giorni appena dal via libera è stato ritoccato in corsa, formalmente durante la riunione del Consiglio dei ministri di ieri e praticamente nelle stanze della presidente del Consiglio. «Hanno fatto tutto Giorgia e Giorgetti», racconta sottovoce un esponente dell’esecutivo, uno di quelli che si sentono tagliati fuori dalle scelte importanti. Dalle nomine al vertice delle tre agenzie fiscali sino all’emergenza carburanti «decide tutto lei», è la cantilena ai vertici di Forza Italia e Lega, a volte intonata con la variazione «decidono tutto loro». La premier e il ministro dell’Economia. Così è stato martedì sul provvedimento che ha imposto l’esposizione alla pompa del prezzo medio giornaliero e così è stato ieri. Quando, sull’onda delle proteste, il decreto è stato riveduto e corretto: non tanto in Cdm, giacché tanti ministri non hanno ancora visto il testo, ma prima e dopo. Un metodo inedito, che somiglia a una approvazione «salvo intese». A rivelare cosa bolliva nel pentolone di Palazzo Chigi è stato lo stesso Giorgetti. Rispondendo al question time del Senato, il ministro ha fatto riferimento alla norma che potrebbe consentire di ridurre le accise «in relazione all’incremento verificato dei prezzi dei carburanti». A stretto giro fonti di governo hanno chiarito che non si sta lavorando a una sforbiciata immediata. «Non ci sono le condizioni — spiegano nello staff di Meloni — Giorgetti è stato interpretato male». Il piccolo incidente di comunicazione rivela quanta confusione ci sia in questi giorni nella maggioranza. Meloni in tv ha lodato la «grande coesione» della squadra e ha derubricato a «racconti fantasiosi» le ricostruzioni sui rapporti (tesi) tra le forze politiche. Eppure basta mettere in fila le dichiarazioni per vedere le prime crepe nella coalizione. Basta ascoltare i silenzi di chi, Matteo Salvini in primis, assiste alle difficoltà della premier senza parlare in suo soccorso. D’altronde, alla vigilia del Cdm di martedì il leader della Lega spingeva per un taglio delle accise: «Ragioneremo se ci siano i denari per intervenire». Nelle stesse ore, il 9 gennaio, si faceva sentire Licia Ronzulli: «Se i prezzi dei carburanti resteranno troppo elevati, Forza Italia chiederà un nuovo intervento per tagliare le accise». Antifona poi rilanciata dal presidente della commissione Bilancio della Camera Giuseppe Mangialavori («governo pronto ad abbassare l’imposta se si trovano le risorse»), dal capogruppo Alessandro Cattaneo («correttivi se il prezzo sale») e, sull’Huffpost, dal responsabile azzurro per l’energia, onorevole Luca Squeri: «Il governo si è fatto distrarre dal tema della speculazione ed è intervenuto con un decreto che non risolve i problemi del settore». A sentire i fedelissimi di Meloni, «i mal di pancia sono solo nell’area ronzulliana». Chi parla con Berlusconi sa che l’ex premier ritiene il decreto benzina un pasticcio dal sapore populista e il mancato taglio delle accise un «errore di valutazione» dell’Economia, dove si aspettavano (e si aspettano) la discesa dei prezzi dei carburanti. E c’è un altro fronte su cui la distanza è evidente: il Mes. Forza Italia è favorevole alla ratifica, «per non restare isolati in Europa». Meloni è da tempo contraria. Tanto che ieri il direttore generale del Meccanismo europeo di stabilità, Pierre Gramegna, è volato a Roma per un faccia a faccia. La premier italiana ritiene che il Mes sia uno strumento «anomalo» e chiede alla Ue di «verificare possibili correttivi».