UN MANIFESTO E UNO SLOGAN HANNO PIU’ LETTURE
Massimo Celani è un vecchio ragazzo intelligente,colto e ferratissimo in tecniche e metodologie della comunicazione, marketing politico ed elettorale compreso. Ha fatto bene, quindi, ”Il Quotidiano” ad affidargli l’analisi dei manifesti elettorali che cominciano a comparire sui muri della città. Il primo manifesto analizzato è quello di Enzo Paolini che lancia lo slogan “Bentornata politica,bentornata speranza”.Celani confessa di incontrare difficoltà a interpretarlo e, alla fine, conclude che manifesto e slogan sono “autoreferenziali” e, quindi non incardinati alla realtà per come la conosce lui. L’analisi, però, è sufficientemente maliziosa per arrivare a sostenere che non ci sono fatti nuovi che annuncino il ritorno della politica e Paolini non può essere la novità perché calca la scena politica da molto tempo ormai ed, essendone un protagonista, non sfugge alla contaminazione. In effetti Celani trasforma l’analisi del manifesto in una analisi della candidatura di Paolini che è un approccio ben diverso. Celani è un tecnico della comunicazione ma è anche consulente di uomini politici e per lungo tempo ha dato la sua collaborazione a Salvatore Magarò, sindaco a vita di Castiglione e presidente della Commissione Antimafia in consiglio regionale al tempo di Scopelliti. Oggi Magarò è schierato a sostegno della candidatura di Lucio Presta. Pur riportando ampi stralci di una dichiarazione di Paolini dove spiega le ragioni del suo conflitto con la nomenclatura del PD dopo l’annullamento delle primarie, Celani non coglie che Paolini si richiama alla politica fatta di regole, trasparenza e comportamenti coerenti con la prassi democratica della partecipazione dei cittadini. Insieme ad altri Paolini ha detto no all’imposizione di Lucio Presta rilanciando appunto quella politica che può dirsi democratica se implica la partecipazione diretta dei cittadini e lui intende rimettersi al giudizio dei cittadini e non ai diktat arrivati da Roma. Niente di autoreferenziale dunque ma il modo più corretto di intendere la politica quando vuole essere al servizio del cittadino e delle sue aspettative. L’altra politica, quella in cui Paolini non si riconosce, è fatta di cordate di potere, intrighi, affari, carriere, uso clientelare delle istituzioni, consulenze per dirigenti e funzionari di partito, torme di portaborse in lista d’attesa incardinati a un sistema di potere e massa di manovra nelle consultazioni elettorali. Insomma la “casta” con i suoi apparati di lotta e di governo che ha sputtanato la politica, dando vita per partenogenesi all’antipolitica e a un tasso di assenteismo che viaggia oltre il 50 per cento. Ecco un’altra lettura del manifesto e dello slogan di Paolini. Poi può far piacere o meno a seconda dei gusti e delle sensibilità. Quello degli slogan è un terreno minato che può arrecare danni irreparabili a chi fa politica. Per la maggiore va quello lanciato durante la giunta Scopelliti per dare un segnale inequivocabile di lotta e di contrasto alla mafia. Si era pensato di dare indicazione ai sindaci affinchè all’entrata del comune apponessero una targa con la scritta “Qui la mafia non entra”. Cominciarono ad apparire le prime targhe ma a rovinare tutto ci pensò un Pasquino di paese che vi aggiunse di suo pugno la scritta: “Da qui non è mai uscita”. E fu la fine.
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