RASSEGNA STAMPA

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SI FA PIÙ CONCRETA LA POSSIBILITÀ DI UN NEGOZIATO PER UN “CESSATE IL FUOCO” I UCRAINA. PENTAGONO E KREMLINO STANNO VALUTANDO UNA SOLUZIONE CHE SUPERI LA FASE DI STALLO CHE BLOCCA I DUE ESERCITI IN UNA GUERRA DI POSIZIONE DI LUNGO PERIODO. IL ” GENERALE INVERNO” ANCORA UNA VOLTA INFLUENZA LE DECISIONI DA PRENDERE. PUTIN NON ANDRÀ A BALI PER IL G20 MA CI SARÀ LAVROV MINISTRO DEGLI ESTERI.

Articolo di Federico Rampini per “www.corriere.it

La liberazione di Kherson è l’occasione per aprire i negoziati con Vladimir Putin. Altrimenti l’inverno, con l’inevitabile stallo dei combattimenti, darà ai russi l’occasione per riorganizzare il proprio dispositivo militare. E a quel punto si rischierebbe uno scenario da prima guerra mondiale: lunga guerra di posizione, combattuta in trincea, con un numero di vittime alto e sempre più inutile, senza un esito decisivo. A sostenere queste tesi è nientemeno che il più potente generale americano: Mark Milley, presidente del Joint Chiefs of Staff, cioè il Capo di Stato Maggiore e la più alta carica del Pentagono sotto il segretario alla Difesa. Non è la prima volta nella storia americana che i generali hanno il ruolo di «colombe». Anzi, da George Marshall a Dwight Eisenhower a Colin Powell c’è una lunga tradizione di militari moderati, che sull’uso della forza hanno posizioni più caute rispetto ai politici (non mancarono eccezioni in senso opposto, tipo Douglas MacArthur che voleva usare armi nucleari contro la Cina durante la guerra di Corea…). Guarda caso, non appena si è oltrepassato il giro di boa delle elezioni di mid-term, il dibattito interno all’amministrazione Biden sull’Ucraina è emerso alla luce del sole. In campagna elettorale ovviamente il dibattito c’era già, ma ragioni di tattica politica consigliavano di non esporlo. Anche se l’Ucraina ha avuto un peso nullo nella dinamica del voto, tuttavia si è visto che ogni presa di posizione sulla guerra veniva immediatamente strumentalizzata: come nel caso del capogruppo repubblicano alla Camera, Kevin McCarthy, e la sua frase abbastanza scontata contro «assegni in bianco» a Kiev. Ora che l’elezione è passata con pochi danni, e il consenso bipartisan sugli aiuti all’Ucraina ne esce tutto sommato indenne, il generale Mark Milley è uscito allo scoperto e ha deciso di esporre la sua posizione in pubblico: prima in una conferenza all’Economic Club qui a New York, poi in un’intervista alla rete tv Cnbc. «Le forze armate ucraine – ha detto il capo del Joint Chiefs of Staff – hanno combattuto fino a bloccare i russi e a inchiodarli in una situazione di stallo. Cosa accadrà in futuro non lo sappiamo, ma adesso ci sono delle possibilità di soluzioni diplomatiche. Bisogna afferrare l’opportunità». Questa è la posizione che il numero uno delle forze armate Usa stava sostenendo già da tempo nei dibattiti interni all’Amministrazione Biden, e oggi quel dibattito interno viene ricostruito in un ampio retroscena del New York Times, firmato da Peter Baker. Ora che ha deciso di spiegarsi pubblicamente, il generale Milley argomenta la sua posizione anche sulla base di riprese satellitari, che mostrano le truppe russe intente a scavare trincee: secondo lui si preparano a difendere alcuni dei territori occupati per i mesi invernali, in vista di una stabilizzazione nei rapporti di forze tra le due parti. Secondo il capo di stato maggiore americano la ritirata da Kherson è coerente con questo obiettivo: arroccarsi su posizioni che possono essere difese nel lungo termine. I mesi del grande gelo invernale potrebbero vedere pochi cambiamenti sul terreno, ed è questo che secondo Miller rappresenta la «finestra di opportunità» per indurre Putin a negoziare. Lo spettro della prima guerra mondiale, che il presidente del Joint Chiefs of Staff ha usato nella sua conferenza all’Economic Club di New York, è quello di un conflitto paralizzato su linee territoriali quasi immobili, ma capace di fare milioni di vittime. Questo significa che bisogna cominciare a escludere una soluzione militare per il conflitto, e puntare su una soluzione politica. Il problema naturalmente sono le condizioni del negoziato e i vincoli per questa soluzione politica. Le altre correnti di pensiero in seno all’amministrazione Biden sono aperte agli argomenti del generale Miller, anche se sono un po’ più ottimiste sulla capacità delle forze armate ucraine di realizzare ulteriori guadagni territoriali. Dove Biden stesso ha tracciato una linea rossa, e lo ha ribadito anche nella conferenza stampa sul risultato elettorale, è su questo: l’America non deve imporre nulla all’Ucraina, tantomeno deve dare l’impressione di costringere Zelensky a concessioni territoriali. «Nulla verrà deciso sull’Ucraina senza l’Ucraina», ha dichiarato Biden in quella conferenza stampa, per sottolineare che non parlerà mai con Putin by-passando Zelensky. Intanto però il suo consigliere strategico Jake Sullivan nell’ultimo viaggio a Kiev ha convinto Zelensky ad abbandonare la pregiudiziale con cui rifiutava per principio un negoziato finché Putin è al potere. Comunque, il giro di boa delle elezioni di midterm ha rimesso in movimento la politica estera americana, come si vedrà anche con il vertice bilaterale Biden-Xi Jinping ai margini del G20 di Bali, lunedì.