RASSEGNA STAMPA – SARA’ PURE UNA TROVATA INDOVINATA QUELLA DELLA MELONI DI FARSI VOTARE COL SOLO NOME DI GIORGIA SULLA SCHEDA MA E’ QUELLA SUA RIVENDICATA APPARTENENZA AL “POPOLO”, “BORGATARA” E “PESCIAROLA”, A VOLER FARE LA DIFFERENZA.

E’ LA SVOLTA IPER-POPULISTA CHE CAMMINA IN PARALLELO CON L’IMMAGINE VIRALE DOVE , IN PIEDI SU UNA JEEP, PASSA IN RASSEGNA UNA PARATA MILITARE. IN UNA CAMPAGNA ELETTORALE CI VUOLE ANCHE FANTASIA. FAREBBE BENE A PENSARCI ANCHE LA SCHLEIN.

Estratto dell’articolo di Massimiliano Panarari per “La Stampa”

Si potrebbe disquisire di topografia e di “filologia” roman(z)a, e sottolineare che né la Garbatella né il Torrino risultano assimilabili alle borgate. Ma non è questo il nodo, perché la card con la quale la presidente del Consiglio si dichiara «fiera» di essere una «borgatara» segna un’ulteriore escalation nella sua comunicazione. Qualche giorno fa, alla kermesse di Pescara di FdI, aveva plasticamente esplicitato il paradigma del «politico come uno di noi» con l’appello al popolo della destra a scrivere direttamente il suo nome di battesimo sulla scheda elettorale. Un colpo di teatro, all’insegna della combo disintermediazione-neoplebiscitarismo. Un balzo deciso che fa di Fratelli d’Italia il partito iperpersonale della premier. Tuttavia, neppure l’iperpersonalizzazione “nominalistica” e il neobonapartismo bastano in questo clima di campagna elettorale permanente in cui la competizione sul mercato elettorale si è marcatamente spostata a destra. […] Ecco, così, la card di “Giorgia borgatara”, a dire il vero qualificabile come la reinvenzione di una tradizione sotto il profilo della geografia abitativa della premier, ma appunto non è questo quello che conta per l’elettorato a cui si rivolge. Sulla scia di un modello politico-propagandistico sempre più ispirato al “direttismo”, Meloni ha scelto di rompere ogni indugio, puntando a una comunicazione che più immediata non si può. Nella quale trova posto il format eterno della coppia amico/nemico, rivisitata in chiave di “polarizzazione residenziale”: lei in (o, per meglio dire, icona di) borgata, i capi della sinistra rinserrati nei quartieri bene. Una comunicazione che si autoaccredita come “popolana”, e in realtà si rivela graficamente assai curata e linguisticamente sofisticata, con tanto di evocazione legittimatrice dell’autorità del dizionario. Una trasposizione della fondamentale frattura politica, tornata di attualità da qualche tempo, tra centro e periferia, rispetto a cui, va da sé, “Giorgia da Roma sud” incarna l’AntiZtl. La “donna del popolo” che ricorre spesso al romanesco, venduto come sinonimo di veracità, sincerità e autenticità, e accompagnato da una teatralizzazione (spesso guascona) della voce e dei gesti – come raccontava Stefano Bartezzaghi nella recente intervista con Annalisa Cuzzocrea – che buca lo schermo e suscita identificazione nel suo popolo. […] Secondo lo schema di quella narrativa antisistema – mentre lei siede a Palazzo Chigi… – che viene immancabilmente rispolverata in occasione di ogni appuntamento elettorale. Si tratta dell’ambiguità costitutiva di ogni populismo, al contempo “di lotta e di governo”. Ma con i suoi ultimi atti comunicativi la leader pigliatutto ossessionata dall’idea di non avere nemici alla sua destra ha compiuto un ennesimo salto di scala. Tu chiamalo, se vuoi, iperpopulismo.