RASSEGNA STAMPA – La Francia spietata con i migranti…

FORMALMENTE, IN BASE ALLE NORMATIVE VIGENTI, LA FRANCIA PUÒ RESPINGERE I MIGRANTI ILLEGALI CHE DA VENTIMIGLIA CERCANO DI SUPERARE IL CONFINE. DOVREBBE INVECE, IN BASE ALLA STESSA NORMATIVA, ACCOGLIERE I MINORI CHE SUPERANO IL CONFINE E ARRIVANO IN TERRITORIO FRANCESE. PER RESPINGERLI LA POLIZIA FRANCESE ALTERA LA DATA DI NASCITA SUL FOGLIO DI RESPINGIMENTO RENDENDOLI MAGGIORENNI. SONO MOLTI I MIGRANTI CHE VIVONO IN CONDIZIONI SUB – UMANE E CHE DI NOTTE AFFRONTANO IL “SENTIERO DELLA MORTE” PER SUPERARE IL CONFINE.

Estratto dell’articolo di Niccolò Zancan per “La Stampa”

Uomini e topi. Uomini e cinghiali. Uomini e botte sui denti. Uomini? «Mi chiamo Yikalo, sono nato il 13 luglio 2006 in Sudan da genitori eritrei. Ho 17 anni. Ho già fatto tre tentativi in treno. Ogni volta mi sono nascosto nel bagno, chiuso dentro, attento anche a non respirare. Ogni volta i poliziotti francesi mi hanno preso e rimandato indietro con il foglio con sopra scritto: “Refus d’entrée”. Ma non mi arrendo. Questa notte provo a piedi dalla montagna».    […] «A piedi sono sei ore. È vero?». È vero. La strada parte dal Grimaldi Superiore, si infila sotto il viadotto dell’autostrada, risale a mezza costa fino a girare su uno strapiombo. Si chiama «il passo della morte». «Sì, lo so, ci hanno detto che il sentiero è pericoloso. Useremo le torce del cellulare e Inshallah». Vi hanno detto anche dei droni? «I francesi usano i droni per dare la caccia a noi?». Non sparano. Ma hanno le telecamere. «Va bene, fratello, grazie dell’informazione, ma noi andiamo lo stesso. Tu vorresti stare un altro giorno in un posto così?». Sotto il viadotto i cinghiali si litigano i resti di cibo cucinato nella baracca dei migranti. La fila di tende è lunga duecento metri. Ventimiglia era una città di transito. Adesso è la città dei respinti. L’ultimo centro di accoglienza è stato chiuso, così come sono state murate le fontane pubbliche.    […]«Quello che vediamo sul confine è un aumento della violenza», dice Cecilia Momi, responsabile degli affari umanitari di Medici Senza Frontiere. «I 150 agenti mandati dal governo francese sono stati addestrati per il respingimento, hanno modi sbrigativi. Un ragazzino del Gabon, che aveva cercato di opporre resistenza, consapevole del fatto che stavano violando un suo diritto, è stato colpito in faccia e ammanettato. Molti altri ci raccontano episodi del genere». […] Il trattato di Schengen è sospeso. Ogni auto in arrivo dall’Italia viene controllata. La gendermerie francese ha piazzato dei container sulla frontiera di Ponte San Ludovico. È lì che i migranti vengono trattenuti di notte, quando gli uffici della burocrazia dei respingimenti sono chiusi. Quei container sono al centro di un caso: non hanno materassi, non hanno riscaldamento, non avevano neppure l’acqua. «E l’altra notte una donna incinta stava male e bussava per farsi aprire, ma nessuno è andato in suo soccorso», dice ancora Cecilia Momi di Msf. Ecco la frontiera Nord-Ovest d’Italia. Ecco la Francia: Mentone, Montecarlo, Nizza. Tutto quell’azzurro. E mademoiselle Leatitia, che è venuta in villeggiatura a Latte «per una settimana di quiete e detox». E i turisti dei Casinò, quelli degli aperitivi. I frontalieri. I ciclisti. I motociclisti. Quelli delle barche ormeggiate. I pescatori di gamberoni rossi. I pescatori della domenica. E poi ci sono loro: uomini e topi. Scendono a piedi dai tornanti, scalciati via. Con in mano il foglio della loro sconfitta. «Verbale di accompagnamento in ufficio per l’identificazione di Berte Idriss, nato il 27-12-2001 in Costa d’Avorio».    […]Se sanno chi sei, ti rimandano indietro per il regolamento di Dublino. Se non sanno chi sei, ti rimandano indietro perché non sanno chi sei. E non cambia niente se sei minorenne, se sei malato. Niente cambia più qualcosa, a questa frontiera. «Refus d’entrée». La gendarmerie accompagna uno a uno i respinti al posto di Polizia italiano, che infatti è pieno di persone in attesa. Sanno che è andata male. Molti non hanno acqua da bere, non hanno vestiti, non hanno scarpe. Magari un paio di calze di spugna con delle ciabatte. Sono arrivati a Lampedusa dalla Libia e dalla Tunisia, e adesso vogliono – devono – proseguire il viaggio. «Francia!». «Germania!». Dicono quel posto come si pronuncia un destino. Infatti sono pronti a ripartire, ancora e ancora. «È la il sentiero!», dicono sollevando lo sguardo. «In treno non si passa», ammettono. Ogni vagone è controllato: cesso per cesso.    […]Ognuno qui ha le sue ragioni sacre. Come questi giovani uomini scappati dalla guerra in Sud Sudan: «Abbiamo uno zio a Marsiglia». Come un ragazzo tunisino di nome Rabiia, che ha dovuto abbandonare tutte le lettere ricevute da una ragazza francese, decine e decine di lettere d’attesa e desiderio: «Mio uomo d’amore, rimango sempre così selvaggia. Ti bacio molto molto forte ovunque, senza dimenticare nessun luogo, dalla testa ai piedi. Ti amo mio grande amore Rabiaa, mio principe». Ma da Ventimiglia non si vede come finisce la strada. Da questa parte della frontiera, nessuno è un principe.