RASSEGNA STAMPA

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LA FRANCIA HA AVUTO UN RUOLO DETERMINANTE PER SBLOCCARE LA FASE DI STALLO FRA GOVERNO E NAVI ONG. QUANDO LA FRANCIA HA AUTORIZZATO L’ATTRACCO DI UNA NAVE DI MIGRANTI AL PORTO DI MARSIGLIA GIORGIA MELONI HA CAPITO CHE NON POTEVA FORZARE LA MANO CON BRUXELLES. A MUGUGNARE È RIMASTO SALVINI CHE AVREBBE VOLUTO MANTENERE LA LINEA DURA CON BRUXELLES PER INTESTARSI POLITICAMENTE, TRAMITE IL MINISTRO PIANTEDOSI, IL RESPINGIMENTO DEI MIGRANTI.

Articolo di Grignetti Ilario Lombardo per “la Stampa”

Serve un doppio colpo di scena per sbloccare la crisi dei migranti di Catania. Da una parte c’è la Francia che apre i porti a una nave umanitaria, la “Ocean Viking”, gestita da una Ong transalpina, la Sos Méditerranée. C’era stato un colloquio tra Giorgia Meloni e Emmanuel Macron, lunedì sera, che ha cambiato la partita in corso. Dall’altra, con l’escamotage di mandare nuovamente i medici a bordo delle due navi, i migranti che erano ristretti sulla “Humanity 1” e sulla “Geo Barents” diventano improvvisamente tutti «fragili» e quindi tutti meritevoli di sbarco. Il braccio di ferro con l’Europa finisce qui, un passo prima dello scontro. Il governo può sentirsi soddisfatto: la mossa di Parigi ha rotto un fronte diplomatico che pareva inossidabile. E puntualmente arriva in serata una nota ufficiale all’insegna della gratitudine: «Esprimiamo il nostro sentito apprezzamento per la decisione della Francia di condividere la responsabilità dell’emergenza migratoria, fino ad oggi rimasta sulle spalle dell’Italia e di pochi altri stati del Mediterraneo». E’ importante – annota palazzo Chigi – proseguire in questa linea di collaborazione europea con gli Stati più esposti per la loro collocazione geografica «così da trovare una soluzione condivisa e comune, per fermare la tratta degli esseri umani e gestire in modo legale ed equilibrato il fenomeno migratorio che ha assunto dimensioni epocali. L’emergenza immigrazione è un tema europeo e come tale deve essere affrontato, nel pieno rispetto dei diritti umani e del principio di legalità». Ma siccome la contromossa di rinunciare alla fermezza va spiegata agli italiani, innanzitutto a quelli con il cuore che batte a destra, Giorgia Meloni si precipita ad annunciare: «Il nostro obiettivo è difendere la legalità, la sicurezza e la dignità di ogni persona. Per questo vogliamo mettere un freno all’immigrazione clandestina. I cittadini ci hanno chiesto di difendere i confini italiani e questo Governo non tradirà la parola data». E che parlasse soprattutto ai suoi elettori, è chiaro da questo passaggio: «In tema di sicurezza e contrasto all’immigrazione illegale, gli italiani si sono espressi alle urne, scegliendo il nostro programma e la nostra visione». Un conto, però, è difendere la posizione politica pubblicamente su Facebook; altro è trattare per una soluzione che non trascini l’Italia in un conflitto con l’Europa nel pieno dei negoziati economici. Giorgia Meloni così si è attivata personalmente per evitare forzature con Bruxelles e allo stesso tempo di farsi cannibalizzare dalla dottrina Salvini, che prevede di lasciare i migranti in mare sine die, fino a quando qualche Paese se ne fa carico o arriva la magistratura a notificare le indagini per sequestro di persona. L’Europa per tre giorni di fila aveva richiamato l’Italia alle sue responsabilità sui salvataggi in mare. Richiami che sono suonati come un campanello d’allarme per Meloni, impegnata ad accreditarsi tra le istituzioni e le cancellerie europee. La svolta, secondo fonti del ministero dell’Interno francese, è avvenuta a Sharm el-Sheik, dove la premier ha avuto un breve colloquio con il presidente francese. Il confronto ha sbloccato lo stallo e, ventiquattr’ ore dopo, l’imbarcazione con 243 migranti a bordo si è diretta a Marsiglia, Francia. È stata la seconda volta in pochi giorni che il governo Macron ha mostrato disponibilità verso l’Italia e la sua battaglia per rendere più condivisa la gestione dei migranti a livello europeo. In cambio, Meloni ha scelto un profilo basso, come aveva fatto anche domenica, preferendo restare in silenzio, mentre cresceva la polemica sull’orribile espressione del «carico residuale» di migranti oggetto di selezione. È vero, su Facebook la presidente del Consiglio è tornata a rivendicare le proprie idee sui profughi. Ma lo ha fatto mentre, dall’altra parte – lo confermano fonti dell’esecutivo – chiedeva al ministro Piantedosi una via d’uscita che non rendesse gli sbarchi selettivi un caso in Europa. Una scelta che Matteo Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture, ma con il cuore sempre al Viminale, non avrebbe apprezzato. Tanto che il segretario del Carroccio preferisce ignorare quanto avviene a Catania e invece di esultare per lo sblocco di Parigi twitta: «Bene così. L’aria è cambiata». Il leghista, come fece nel 2019, avrebbe volentieri continuato le trattative sulla pelle dei migranti in mare. Meloni la pragmatica, invece, ha bisogno di Bruxelles e degli alleati, a partire dalla Francia, fondamentale per i negoziati su Patto di stabilità e tetto al prezzo del gas. Un’escalation per un numero di profughi che davvero non può far gridare all’invasione sarebbe stata controproducente, secondo la premier. Anche a costo di scontentare, come è puntualmente avvenuto, Salvini. La svolta di Parigi è accolta da Matteo Piantedosi con distacco olimpico. Adesso è soddisfatto? «No – risponde a La Stampa – . Nel senso che non ho motivi né di essere soddisfatto né insoddisfatto. Quello che mi premeva è affermare il principio giuridico che abbiamo sollevato in Europa». Cioè la responsabilità dei Paesi per le Ong. Sotto questo profilo, domani è davvero un altro giorno.