CANDIDATURE : IL BAGNO DI SANGUE C’E’ STATO….

CANDIDATURE: IL BAGNO DI SANGUE C’E’ STATO……

Non era difficile prevederlo il bagno di sangue all’interno dei partiti dopo l’abbattimento,per mano M5Stelle, di 200 seggi alla Camera e 100 al Senato ma restavano da verificare le modalità che hanno caratterizzato il bagno di sangue,per altro ampiamente preceduto da uno stucchevole e finto dibattito sull’attaccamento alle “poltrone” come se qualcuno, umanamente ragionando,ne fosse esente. La poltrona in sé non rappresenta il simbolo negativo e parassitario della politica o la metafora degenerativa del ruolo di chi vi siede, restando invece ineludibile e prevalente la qualità ovvero la competenza e l’affidabilità se non l’onorabilità-visto che si autolegittimano del titolo di “onorevole”- di chi la occupa.

Non fa umanamente eccezione nemmeno Sergio Mattarella che, dopo averlo visto presenziare alle operazioni di sgombero dal Quirinale, non ci è sembrato molto afflitto dalla riconferma alla più alta carica dello Stato, dopo aver precisato che il sacrificio lo faceva ma per un settennio pieno. Lasciamo, quindi, a Salvini e ai suoi emuli frequentatori dei mercatini rionali ,stakanovisti di selphie propiziatori, abusare dei riferimenti alla poltrona usata come arma di delegittimazione politica e andiamo al sangue metaforico che copiosamente si è visto scorrere nelle “notti dei lunghi coltelli” dedicate alla selezione delle candidature.

Diciamo subito che legge elettorale e 300 seggi in meno fra Camera e Senato hanno molto influenzato il bagno di sangue che non ha risparmiato nessun partito ma con dinamiche e caratterizzazioni diverse soprattutto per quanto riguarda M5Stelle e Partito Democratico. Obiettivo primario di capi e capetti e, a seguire, cerchi magici e “fedelissimi”,era un seggio “blindato” , nel senso dell’elezione garantita dal forte radicamento del partito sul territorio. I 5Stelle hanno simulato una selezione “dal basso “ con le cosiddette “parlamentarie” che, alla prova dei fatti, si sono rivelate delle “familiarie”-come è stato osservato- una volta constatato il numero dei subentri familiari ( mogli-fratelli-compagni/e-subalterni fedeli ecc.ecc.) a coloro che, per la regola dei due mandati, non sono stati ricandidati. Due mogli fanno eccezione ai subentri e sono la moglie di Dario Franceschini, grande mestatore di alleanze ed equilibri politici, temprato dalle esperienze maturate nella Democrazia Cristiana, e la moglie di Nicola Fratoianni che rappresenta, a quanto pare, quel che resta alla sinistra del PD . Viene in mente il monito di Leo Longanesi che non era uno che le mandava a dire e che ha chiosato, agli albori della Prima Repubblica, che il partito con una maggioranza inossidabile e inattaccabile era il partito del “tengo famiglia”. Ma perchè’ scandalizzarsi dopotutto? Non è un fenomeno soltanto italiano ovviamente ma in Italia acquista connotazioni originali e innesta declinazioni come il “familismo amorale” che ormai è diventato immorale.

Ma mentre per Franceschini e Fratoianni non si registrano e non sono richieste dichiarazioni giustificative o esplicative per i 5Stelle non si può “rimuovere” la campagna di purificazione del parlamento portata avanti sull’onda dell’antipolitica con l’obiettivo di porre fine alle candidature familiari (moglie-figlio-fratello) in una logica dinastica e feudataria. Per i 5Stelle bisogna dire che pagano il prezzo delle loro colpe e delle loro responsabilità , consegnandosi alla storia del Paese per la loro inadeguatezza, incapacità, incompetenza, dilettantismo congiunto a velleitarismo cavalcando l’assunto “uno vale uno “ che in politica vale quanto in biologia cromosomica. Luigi Di Maio, che tutto può essere meno che stupido, lo ha capito prima degli altri ed ha preso le dovute distanze mettendosi in salvo e guadagnandosi una candidatura a Pomigliano d’Arco nella lista del PD. Quei pochi che ,dopo due mandati ed esperienze proficue di governo, avevano maturato conoscenze e competenze sono stati falcidiati dalla regola dei due mandati con la consolazione, per qualcuno, di poter candidare un famiglio. Dopo il 25 Settembre sarà tutt’altra storia e l’immagine del M5Stelle sarà affidata e interpretata soprattutto da quei 15 candidati eccellenti della società civile, magistrati antimafia compresi, che Giuseppe Conte ha imposto e che i clic della base hanno legittimato. Insomma il salto c’è stato. Difficile che un commesso in un negozio di mangimi, grazie ai clic della “piattaforma Rousseau” (povero Rousseau, non meritava tanta umiliazione ) approdi alla Commissione Esteri della Camera. Se ne ha voglia può tornare con Beppe Grillo a dispensare “vaffanculo” contro le istituzioni e chi le rappresenta, ma “uno vale uno” ha chiuso politicamente il suo fantozzianamente tragico percorso.

Quanto al PD di Enrico Letta mai un partito ha espresso con tanta pienezza il grigiore del suo segretario, le banalità dei suoi slogan, quella vocazione compulsiva a fare del PD un partito governista prima che governativo, costi quel che costi in termini di storia e di valori ascendenti. Abbiamo già scritto su “Cosenza Oggi” che, a partire da Matteo Renzi segretario, il PD ha imboccato la china politicamente degenerativa completata da Enrico Letta che lo ha trasformato in partito post-democristiano, con buona pace di Massimo D’Alema finito a occuparsi di vigneti e di vini, dopo averci rovinato con la riforma del Titolo V della Costituzione e di Luigi Bersani -finchè ha potuto -difensore della “ditta”, indotto oggi a rinunciare alla candidatura verosimilmente per rendere possibile a Bologna la candidatura di Pierferdinando Casini al Senato nella lista del PD.

E, infatti, nel PD lo scontro sulle candidature è stato soprattutto fra Letta, Franceschini e Guerini, tutti e tre di antica osservanza democristiana, che hanno avuto facile gioco a decimare le correnti di minor peso di ascendenza PCI o di quel che ne è rimasto. Guerini ha dovuto ingoiare il rospo del siluramento di Luca Lotti, di certo non l’ultimo arrivato nella corrente “Base riformista”, che ha stigmatizzato il siluramento rinfacciando a Letta “vigliacche” giustificazioni. Ma anche il ministro Andrea Orlando ha dovuto subire una” coltellata” che porta in Calabria e riguarda la candidatura,data per scontata, di Carlo Guccione, attuale responsabile nel partito della sanità nel Mezzogiorno, per il quale c’era un patto sottoscritto fra Letta e Orlando quando fu chiesto a Guccione di rinunciare alla candidatura in consiglio regionale con l’assicurazione che sarebbe stato candidato “blindato” alle politiche. L’impegno era sottoscritto e garantito personalmente da Enrico Letta il quale pare non abbia avuto alcun imbarazzo, di fronte a un Andrea Orlando giustamente incazzatissimo, a rimangiarsi democristianamente l’impegno per i suoi giochi di sopravvivenza politica. Si narra che il suo assillo nelle candidature è stato prefigurare lo scenario del dopo il 25 Settembre, quando la destra avrà vinto e il PD non potrà sottrarsi alle responsabilità della sconfitta. Quanto al “soldato” Guccione avrebbe ripiegato su una candidatura nel proporzionale considerata senza possibilità di successo.

Letta è consapevole che avrà bisogno di aiuto per conservare la segreteria e si aspetta riconoscenza da chi ha beneficiato di un seggio in parlamento. Quanto al PD, partito ormai irrimediabilmente post-democristiano e governista, se qualcosa ancora sopravvive al suo interno dei valori di riferimento della sinistra storica, faccia bene i suoi conti e ricominci da qualche altra parte. Se vince il trio Meloni-Salvini-Berlusconi sarà il PD a pagare il prezzo più alto anche se dovesse uscire dalle urne con una percentuale più alta di quella attribuitagli oggi dai sondaggi. ( Nella foto Carlo Guccione )