PER LA CULTURA A COSENZA NON SERVE UN ASSESSORE MA UNA DISCUSSIONE

Agli inizi del 1994, da poche settimane insediato, il sindaco Giacomo Mancini costituì una sorta di
comitato per la cultura, affidato a Franco Piperno che a sua volta coinvolse associazioni, cittadini,
intellettuali, universitari, tutti soggetti della cooperazione sociale che già operavano in particolare
nella città vecchia e arricchivano – disinteressatamente – la vita di Cosenza. A chi abbia voglia di
ricordare risulterà chiaro che l’analisi e i fatti che seguirono alle discussioni in quel gruppo,
all’abbandono o all’ingresso di questo o di quello, alle polemiche e ai malintesi, ma anche alla
realizzazione nelle sale del Castello Svevo di un convegno sul “Genius Loci”, segnarono la storia
culturale del decennio successivo e l’avvio di un profondissimo processo di rigenerazione urbana.
Si può ben dire che ciò che fu pensato e in molti casi realizzato in quel gruppo (una specie di
collettivo postumo del ’68) e, a latere, nell’associazione Ciroma, è tuttora vivo seppure assai
malconcio, nonostante i tradimenti di Eva Catizone, il vuoto pneumatico della giunta Perugini e il
delirio di onnipotenza dell’era Occhiuto. Dopo tanti anni e tanta acqua (sporca) passata sotto i
ponti non sarebbe difficile ammettere che il rapporto dell’Amministrazione Municipale (e delle sue
politiche istituzionali) con la cultura cittadina fece in quel tempo ormai lontano un vero salto di
qualità in senso moderno e produttivo, i cui segni stabili e duraturi (la nascita della Casa delle
Culture, le estati di Invasioni, il progetto Urban, la Città dei Ragazzi, la pedonalizzazione di Coerso
Mazzini, il Planetario, Piazzetta Toscano,San Giuseppe Rock, il riuso del Dopolavoro ferroviario e
mille altre) segnarono la qualità della vita culturale e urbana della città a lungo. Un po’ di memoria
insomma potrebbe servire per comprendere che la questione non è se oggi sia più o meno
necessario che Franz Caruso scelga un assessore alla cultura.
La città, quella parte non secondaria che se ne interessa, avrebbe prima dell’auspicata nomina il
diritto di sapere chi sono le persone e quali sono le idee franzcarusiane sullo stato e sul futuro
della cultura e dell’arte in città. Sia nella campagna elettorale che in queste settimane, non una
volta abbiamo sentito Franz Caruso avanzare una proposta, un’idea, sulle politiche culturali che
ha in mente. La cultura, in qualsiasi forma si manifesti, è conflitto sull’identità, tensione, scelta,
giudizio. Una politica che non incarni e orienti la visione del mondo, e della città, che governa,
fingendo magari equidistanza, si troverà inevitabilmente dalla parte di chi avendo qualche
interesse e qualche tornaconto protegge le cose come sono. La cultura, invece, comunque parli,
dice del cambiamento, delle possibilità nuove, del futuro. A Cosenza, crediamo, non c’è il
problema di un assessore nuovo, manca invece il dibattito, la discussione politica e culturale e
conseguentemente le scelte: quale cultura, quale arte, vogliamo per la nostra città? L’errore
peggiore sarebbe non capire che i 10 anni trascorsi hanno solo prodotto importanti e
sconvenienti fatti pseudo-culturali, mera passiva fruizione di eventi vuoti di significati,
contraddicendo in modo ossessivo e tenace quanto il periodo del municipalismo a trazione
manciniano aveva lasciato in eredità. La sindacatura di Occhiuto, poi, è stata paradigmatica: l’
assessorato alla cultura spacchettato in varie deleghe la cui cifra unificante era l’incapacità e
l’impreparazione dei vari personaggi susseguitesi all’insegna della sottocultura fatta di movida,
feste stracittadine e sagre, l’abbandono dei bocs-arts a se stessi e altre tamarrate del genere. Il
risultato è una Cosenza simile a Reggio Calabria: tutta vàvia e vita urbana intesa come un
continuum di drink e champagnini a tutte le ore. Per contrappasso oggi chi sarà chiamato a
pensare e decidere una nuova politica, evitando di gettare milioni di euro per imitare le luminose
oscenità salernitane o eventi come l’insensata Festa del Cioccolato, dovrebbe concentrarsi sul
compito principale, che sarebbe quello di restituire a Cosenza un profilo di città civile, moderna,
attiva, in grado di valorizzare i luoghi di produzione culturale, capace di offrire esperienze originali
e creative. Certo, ci piacerebbe se il prossimo assessore alla cultura fosse qualcuno che ha
attraversato da protagonista l’epoca del municipalismo cosentino, che abbia cioè idee,
competenze ed entusiasmo, ma se un suggerimento si può dare a Franz Caruso, non è quello di
andare di fretta, né di farsi consigliare dai soliti questuanti che già lo blandiscono in nome di una
vita culturale e artistica che di recente non si è mai vista (se ragioniamo di qualità). Non è una
questione di risorse (lasci a Roberto Occhiuto il compito di sprecarle come ha fatto il fratello) e
invece pensi ad un nuovo inizio e rischi di suo, mettendo agli angoli i “consigliori” interessati al
proprio potere clientelare. Cosenza forse è ancora bella, non sappiamo se buona. Chi fa cultura
deve tradurre, dimenticare, inventare. Alla fine pensiamo che il compito di un assessore sia molto
semplicemente quello di creare e lasciare spazi perché gli artisti, le associazioni, le compagnie si
esprimano e molte, quante più persone se ne accorgano. Il resto viene da sé.
Senza nulla a pretendere, LA CIROMA.