LE PIAZZE IN FIAMME E LE SOMMOSSE ANNUNCIATE….

LE PIAZZE IN FIAMME E LE SOMMOSSE ANNUNCIATE….
Inutile girarci intorno cercando di costruire teoremi di cui non si sente bisogno. I disordini e le guerriglie esplose con un sincronismo che la dice lunga non riflettono il disagio sociale, che c’è, di un Paese chiamato a fare sacrifici il cui peso è difficile da sostenere ma rispondono ad una calcolata strumentalizzazione politica, prevista e temuta, che trova il governo non sufficientemente preparato.
Nei disordini e nella guerriglia giocano il loro ruolo la sovversione politica, in quota alle frange della destra estremista,la sovversione criminale che nei disordini e nella devastazione consolida le sue influenze nefaste sull’assetto sociale ed economico di una comunità, squadre di ultras a corto di violenze per la chiusura degli stadi.Poi ci sono i giovani delle periferie che riversano nei disordini la loro frustrazione e la loro emarginazione, i casseurs di mestiere che insieme alla microcriminalità sfondano le vetrine e saccheggiano i negozi. La risposta non può che essere nelle cariche e nei lacrimogeni delle forze dell’ordine.
Il problema da affrontare, con tutte le cautele del caso, è come separare la protesta eversiva e criminogena dalla protesta civile e non violenta, pienamente legittima, di quelle frange che si sentono, nella loro attività, particolarmente danneggiate dalle misure restrittive del governo. Nell’immaginario collettivo merita di rimanere impressa la scena, in piazza Duomo a Milano, della protesta dei lavoratori del mondo dello spettacolo con quei 500 bauli geometricamente allineati e, una volta aperti, simbolicamente vuoti a testimoniare la crisi del settore in tutte le sue articolazioni.
Non v’è dubbio che alcune misure non convincono circa la loro efficacia mentre sono del tutto evidenti le conseguenze, soprattutto economiche, per le categorie produttive e commerciali chiamate ad affrontare una nuova chiusura.Nel mentre si comprende il rischio di contagio nel caso di assembramenti correlati a matrimoni, feste, convegni e dovunque si creino condizioni di affollamento, al di là dell’uso delle mascherine, più difficile diventa comprendere quale sia il livello di rischio nei ristoranti in cui viene garantito distanziamento e sanificazione. La movida in sé non è generatrice di contagio se non quando produce assembramento aggravato dall’uso improprio delle mascherine se non addirittura dalla loro mancanza.
Alla fine tutto torna alla responsabilità dei singoli là dove con le dovute cautele e l’osservanza del distanziamento le attività potrebbero continuare con rischio minimo.Discorso che non può valere per metropolitane,treni e bus dove l’assembramento, come si è visto, è pressocchè impossibile evitarlo per cui diventa obbligata la soluzione di limitare la mobilità ovvero il numero dei viaggiatori inducendoli a restare a casa con le restrizioni di orario del “coprifuoco” .
In attesa del farmaco e del vaccino le misure restrittive del governo sono necessarie e ineludibili sia pure concedendo che talune misure (ristoranti-bar-cinema-teatri) potrebbero essere attenuate magari imponendo ulteriori cautele. Sta di fatto che non c’è categoria che non si senta danneggiata e dietro ogni attività c’è una famiglia con le sue esigenze e il diritto a non soccombere.Ed è qui che lo Stato, chiamato a fronteggiare contemporaneamente emergenza sanitaria,emergenza economica ed emergenza sociale, deve bilanciare le misure restrittive con gli aiuti da “ fare arrivare” alle famiglie dove “fare arrivare” evoca il ruolo della burocrazia che, con le sue inadeguatezze e negligenze, costituisce il male oscuro del nostro assetto sociale, economico e produttivo.