E FU COSI’ CHE ALL’UNESCO  DI MAIO NOMINO’ LINO BANFI

E FU COSI’ CHE ALL’UNESCO  DI MAIO NOMINO’ LINO BANFI….

Non facciamo gli schizzinosi né gli intellettuali con la puzza sotto il naso.Con un governo del popolo, presieduto da un avvocato del popolo,  con un vice-ministro che si ritiene espressione del popolo,  non poteva che essere Lino Banfi o un suo equivalente il prescelto per rappresentare l’Italia all’Unesco.

Deve trattarsi di una trovata a fini elettorali ,cioè la cooptazione di un comico supertrasmesso sugli schermi televisivi, di una notorietà sconfinata, ormai di casa in tutti i tinelli italiani ,che dopo averci deliziato con le sue gag in gergo barese  e le sue costruite disavventure  amorose  con una irraggiungibile Edvige Fenech, ha finito per vestire i panni di “nonno Lino” e, di fatto, diventare virtualmente uno di famiglia, il “nonno” degli italiani che votano.

Popolarissimo,dunque, e amato dagli italiani. Può bastare ? Alla Casaleggio debbono aver valutato i pro e i contro e avranno ragione loro se riusciranno a realizzare un legame identitario fra M5Stelle e  Lino Banfi  che il popolarissimo attore esclude. Rimane da considerare il merito cioè  che attinenza può avere  la carriera artistica di Lino Banfi, in tutte le sue versioni, con le  attività d’istituto dell’UNESCO che, fino a prova contraria,si occupa di problemi complessi quanto  impegnativi. Ecco come viene presentata  su internet.

L’UNESCO è un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite creata con lo scopo[3] di promuovere la pace e la comprensione tra le nazioni con l’istruzione, la scienza, la cultura, la comunicazione e l’informazione per promuovere “il rispetto universale per la giustizia, per lo stato di diritto e per i diritti umani e le libertà fondamentali[4] quali sono definite e affermate dalla Dichiarazione universale dei diritti umani .

Dunque le Nazioni Unite. Lino Banfi per primo è consapevole dei suoi limiti  e di una incolpevole inadeguatezza a ricoprire quel ruolo ma debbono averlo convinto al di à delle sue esitazioni. Alla conferenza stampa indetta da Di Maio si è presentato nella sua semplicità disarmante  e non si è sottratto a riconoscere l’ asimmetria e l’incongruenza della nomina con la sua carriera artistica. Si è limitato a dire che porterà un sorriso per il mondo ma, purtroppo per lui e noi, sono tempi di tribali sovranismi contro cui i sorrisi possono fare molto poco.

Non è dato sapere se dietro la scelta di nominare Lino Banfi all’UNESCO c’è la genialità di quel Casalino che prepara le conferenze stampa e i cartelli da ostentare salvo dover subire l’indisponibilità di Salvini a farsi gestire il quale, questa volta, con cauta sobrietà, si è limitato a irridere la nomina osservando :” E perché no Jerry Calà, Umberto Smaila o Renato Pozzetto ?”. Guarda caso tutti e tre milanesi mentre Banfi è pugliese ma questa volta la razza padana non c’entra. La verità è che, fosse vissuto Totò, principe De Curtis, sovrano riconosciuto della italica comicità, nemmeno lui poteva offrire titoli e requisiti sufficienti per poter rappresentare l’Italia all’UNESCO. Forse Dario Fo, premio Nobel che faceva anche ridere, ma prevalentemente, nei suoi spettacoli, spargeva cultura a piene mani per non dire degli affollati incontri teatrali in cui, con un grande schermo alle spalle, illustrava i capolavori della pittura italiana.

Bisognerà attendere i primi impegni che Lino Banfi sarà chiamato ad assolvere per capire meglio il senso della sua utilizzazione da parte del M5Stelle ma, molto probabilmente,  si sarà già votato per le europee e lo stesso Banfi si  sarà reso conto che serviva la sua popolarità per contenere la frana di consensi che si annuncia.