QUEL BACIARE LA MANO A SALVINI  RIMANDA AI  COLOMBO, AI GAVA, AI CIANCIMINO….

QUEL BACIARE LA MANO A SALVINI  RIMANDA AI  COLOMBO, AI GAVA, AI CIANCIMINO….

La consolazione può essere che non sono mancati i fischi, i “vaffa”, i “buffone” all’indirizzo di Matteo Salvini  in visita ad Afragola ( Napoli) ma ,al netto di pernacchi e coloriti anatemi, gli applausi e l’entusiasmo ruffiano hanno prevalso. Eppure, appena qualche anno fa, da Radio Padania nonché dai palchi comiziali della Lega ancora bossiana, Matteo Salvini arringava le masse padane  al grido :”Senti che puzza, la sentono anche i cani stanno arrivando i napoletani”. Correva l’anno del Signore 2009 e si alzavano i calici padani a “Roma ladrona” (la ruberia dei 49 milioni di finanziamento pubblico  era ancora di là da venire) e alla secessione della Padania.

Qualcuno a Napoli se ne è ricordato e gli ha restituito, col colore e la fantasia che solo i napoletani possiedono, qualche anatema come quando a un derby  calcistico Verona-Napoli uscì sugli spalti veronesi lo striscione : “Napoletani terroni…Forza Vesuvio !!! “. La risposta non si fece attendere.La domenica successiva sugli spalti napoletani dominava un grande striscione con la scritta. “Giulietta è  ‘na  zoccola ! “

Il conto ancora non è pareggiato ma fa piacere che a Napoli, l’altro giorno,qualcuno se ne sia ricordato senza farsi intimidire dalla casacca di poliziotto del ministro degli Interni. Ma è magra consolazione dopo aver visto una folla festante cercare il contatto fisico col “capitano” del “me ne frego” , per esprimergli consenso e simpatia.

Certo non ci si poteva spettare la genuflessione e il bacio della mano da parte di un ambulante infervorato dalla presenza del  ministro che chiude i porti e fa, a modo suo, giustizia dei migranti  scampati al naufragio e di chi si ostina a volerli salvare sbarcandoli in Italia.

Va da sé che all’ambulante che si è genuflesso a baciare la mano di Salvini non si dà nessuna colpa se non quella, presumibilmente, di non rendersi conto del significato di quel gesto, certamente non estraneo alle “plebi” o alle “classi subalterne” meridionali. Messo da parte  il bacio della mano nell’ambito familiare al padre- padrone che nell’Italia rurale e contadina significava obbedienza e sottomissione, non disgiunto necessariamente da pulsioni affettive, il bacio sulla mano a chi era espressione di un potere, economico,politico,istituzionale  altro non significava , al di là della sottomissione, che il riconoscimento di potere influire sulla sua condizione e, da qui, il rimettersi  alla sua benevolenza.

Non è un retaggio medievale poiché nell’Italia del dopoguerra e fino agli anni settanta, nelle aree più arretrate del sud , economicamente, culturalmente e politicamente, il bacio della mano al potente era ricorrente. Politici potenti come Colombo in Basilicata, Gava a Napoli e Ciancimino in Sicilia, tanto per fare alcuni esempi, ne hanno beneficiato finchè hanno occupato posizioni di potere.

Chi poteva mai prevedere che nel terzo millennio dell’era digitale il bacio della mano sarebbe tornato d’attualità a beneficio di un personaggio come Matteo Salvini ? Forse voleva essere, da parte dell’ambulante, un gesto di gratitudine “politica” per la persecuzione dei migranti ,degli “zingari” rom e dei ladri di appartamento  ma il gesto, per il suo simbolismo evocativo, mortifica e ci mette di fronte  a quanto, della nostra storia di meridionali,  non abbiamo ancora messo la parola fine.

Quel gesto mortifica tutti ma certamente non risparmia il ceto politico meridionale, impietosamente sputtanato nella sua incapacità, inadeguatezza e credibilità, da quel bacio di chi ripone le proprie aspettative e speranze in Matteo Salvini. Dormi, Vesuvio! Dacci ancora una possibilità. Dall’incontro di Teano ad oggi il percorso di affrancamento del sud da ogni forma di subalternità non si è ancora concluso.