RASSEGNA STAMPA – DOPO L’ANNUNCIO DELLE DIMISSIONI SGARBI RICORRE AL TAR…

DAGOREPORT

Vittorio Sgarbi non intende mollare la poltrona da sottosegretario “gratis”: si è confrontato con i suoi avvocati ed ha già annunciato un ricorso al Tar contro la decisione dell’antitrust sulla presunta violazione della legge Frattini sul conflitto d’interesse (il “critico d’urto” non avrebbe potuto tenere conferenze e consulenze a pagamento mentre era in carica). I giornaloni hanno raccontato la decisione di Sgarbi di ricorrere al Tar come uno “sgarbo” al governo, invece a Palazzo Chigi non dispiace “congelare” la rogna legata al sottosegretario alla cultura, tra i meandri dei tribunali amministrativi, fino al 9 giugno, quando si vota per le europee. Meloni e Fazzolari sperano di rinviare a dopo le elezioni tutte le grane giudiziarie (dal caso Santanchè a quello Delmastro, dal figlio di La Russa al pistolere Pozzolo) per non alienarsi le simpatie dell’elettorato, anche perché la Sora Giorgia vuole a tutti i costi raggiungere la soglia fatale del 30% dei consensi, considerata obiettivo minimo per garantirsi una legittimazione popolare dopo questo primo anno e mezzo di governo. La Meloni ha studiato bene i precedenti: Renzi, Salvini e Movimento 5 Stelle, che hanno ottenuto risultati importanti alle europee, illudendosi che fosse l’inizio di un’era dorata, per poi schiantarsi poco dopo. La premier, invece, vuole mettere radici, conquistando la fiducia e la fedeltà degli elettori anche a costo di “sdoppiarsi”, offrendosi nella versione “internascional”, diplomatica e dialogante, all’estero, e in quella de’ noantri, intransigente e fascio-combattiva all’interno. Fino al 9 giugno, quindi, non dovrà volare una mosca all’interno di Fratelli d’Italia, né si dovrà offrire il fianco a inutili polemiche, motivo per cui la Ducetta si è imbufalita pure con il cognato, l’agricoltore-spaziale Francesco Lollobrigida. Il ministro dell’agricoltura è giudicato fin troppo ciarliero e chi parla molto, chi s’agita sui social, chi rilascia interviste a raffica, prima o poi l’odore di letame lo sente arrivare. Senza contare che la sostituzione non di un ministro ma di un semplice sottosegretario scatenerebbe una tale faida con gli alleati da rendere problematica la vita al governo. Dunque, meglio rinviare al post voto ogni discussione potenzialmente foriera di guai e rivendicazioni da parte degli alleati (oggi Matteo Salvini ha già cominciato: “Sgarbi? Non ho letto la lettera. Si è dimesso?”). Dopo il 9 giugno, contati i voti, ci sarà il regolamento dei conti della Ducetta con i due alleati (si fa per dire).

“DIMISSIONI? DEVO ANCORA NEGOZIARLE” LA SFIDA DI SGARBI IRRITA PALAZZO CHIGI

Estratto dell’articolo di Antonio Fraschilla per “la Repubblica”

[…] A Palazzo Chigi sono molto irritati per la frenata delle dimissioni del sottosegretario. La grana non è del tutto risolta ancora, e sul suo tavolo a Palazzo Chigi Meloni ha ancora quelle di Daniela Santanché e Andrea Delmastro. Ieri dal cerchio magico meloniano si ribadiva che «la linea non cambia, siamo in attesa di decisioni della magistratura e poi valuteremo ». Decisioni che sono differenti per i due componenti del governo: per la ministra del Turismo si attende la chiusura delle indagini su Visibilia. In caso di rinvio a giudizio Meloni chiederà alla sua amica di FdI di fare un passo indietro. Sul fronte del sottosegretario alla Giustizia Delmastro in realtà il rinvio a giudizio c’è già stato dopo l’imputazione coatta decisa dal Gip per rivelazione di segreto d’ufficio su alcuni incontri in carcere dell’anarchico Alfredo Cospito: ma in questo caso, considerando che la procura guidata da Francesco Lo Voi si era opposta e voleva archiviare, Meloni ha preso tempo e attenderà l’esito del giudizio. Insomma Delmastro non si tocca, al momento: ma anche qui altre nubi per il sottosegretario potrebbero arrivare dalla festa pistolera del suo Capodanno con il caso del colpo partito dalla pistola del deputato Emanuele Pozzolo. Di certo c’è che, con le dimissioni di Sgarbi, sono due le caselle che rimarrebbero vuote: oltre a quella di sottosegretario alla Cultura c’è la delega di sottosegretario all’Università rimasta vacante dopo le dimissioni di Augusta Montaruli per la condanna diventata definitiva per l’utilizzo a fini privati dei soldi del consiglio regionale del Piemonte. E anche qui la linea che arriva da Palazzo Chigi è chiara: nessuna nomina prima delle Europee, perché dopo potrebbe essere avviato un mini rimpasto magari con nuovi rapporti di forza che usciranno dalle urne per i partiti di maggioranza. Alcuni ministri potrebbero lasciare la compagine di governo, come Adolfo Urso e Gilberto Pichetto Fratin, ma anche Gennaro Sangiuliano: il ministro dei Beni culturali ultimamente è molto presente a ogni iniziativa culturale e di partito a Napoli e dintorni. Il motivo? Ambisce ad essere candidato governatore per il dopo De Luca. E da FdI dicono che l’ipotesi non dispiace a Meloni. E poi c’è la grande incognita Giancarlo Giorgetti, che pare intenzionato a chiedere altri ruoli. Ma se ne parlerà solo dopo Europee.