RASSEGNA STAMPA – Rapporti difficili nel PD…

NON L’AVRANNO VISTA ARRIVARE MA, UNA VOLTA PRESONE ATTO, NEL PD È INIZIATA LA DANZA MACABRA DELLA PROPRIA DISSOLUZIONE. APPARENTEMENTE CAMPO LIBERO ALLA SCHLEIN VINCITRICE DELLE PRIMARIE, NELLA REALTÀ MANOVRE DI CONTRASTO E GIUDIZI NEGATIVI. I VECCHI FEUDATARI DEL PD NON HANNO NESSUNA INTENZIONE DI FARSI DA PARTE E MUGUGNANO PER LA COMPOSIZIONE CHE LA SCHLEIN HA DATO AGLI ORGANISMI STATUTARI AFFIDATI A SUOI STRETTI E FIDATI COLLABORATORI. MA SBAGLIA LA SCHLEIN SE PENSA CHE, NEUTRALIZZANDO IN CAMPANIA VINCENZO DE LUCA, NEUTRALIZZA I CACICCHI CHE OPERANO TUTTORA NELLE REALTÀ LOCALI. PARLA MOLTO MA ANCORA NON VIENE FUORI IL QUID CHE DOVREBBE FARNE UNA LEADER RICONOSCIUTA.

1. PROVACI ANCORA, ELLY

Estratto dell’articolo di Luca Telese per “Tpi – The Post Internazionale”

L’ ultima coltellata, in ordine di tempo, è stata quella del governatore della Campania Vincenzo De Luca: «Vedo gente che va in giro a fare cortei… Vedo nullità assolute promosse al rango di dirigenti nazionali….”. Fino all’affondo sul vero bersaglio, Elly Schlein: «Anche lei è al terzo mandato, praticamente una cacicca ante litteram». Così la neosegretaria del Pd, dopo pochi mesi di leadership si ritrova di nuovo nel mirino, attaccata da tutti i fronti. Ad esempio da Matteo Renzi, che la irride sul salario minimo (una medaglia, ovvio). Poi dalla minoranza gueriniana (nel senso di Lorenzo Guerini, ex ministro della Difesa) per la linea tenuta sulla pace per la guerra in Ucraina (un problema serio, purtroppo). Quindi da molti media per alcune scelte eccentriche e non politiche (l’armocromia, una fidanzata che parla e pensa con la sua testa). Infine dai cattolici per la scelta di campo sulla gravidanza per altri (un vero e proprio campo minato, in un partito multiculturale). E – dulcis in fundo – dai giornali e dagli opinionisti di destra (qualsiasi cosa dica). Su Il Foglio una rubrica giornaliera poligrafa fa le pulci a tutte le scelte della segretaria. Ma il problema è la fronda dei dirigenti nel partito. Mentre gli elettori dicono al 67% di essere soddisfatti della leadership e anche della scelta di alleanza con il Movimento 5 Stelle, in una parte dei dirigenti di alto e medio rango gli argomenti di questa fronda sembrano fare breccia. Non sono più fratelli, se mai lo sono stati, ma sono sicuramente coltElly, nel senso che qualcuno sta giocando a logorare la leader del Pd, e ha deciso di farlo con una velocità sorprendente, mettendosi nell’impresa con una furia metodica e spietata.

Tam tam

I giorni felici di «Non ci hanno visto arrivare» sembrano un ricordo lontano. Adesso le accuse si sommano, come le freccette sul bersaglio di un tiro a segno. Il gruppo al Parlamento europeo (TPI lo ha raccontato due numeri fa) si è diviso sul delicatissimo ordine del giorno Asap, il provvedimento che consente agli Stati membri di acquistare armi per l’Ucraina anche attingendo ai fondi del Pnrr e della coesione. La Schlein definisce «inammissibile» questa decisione, ritrovandosi in sicura sintonia con il popolo del Pd. Ma il gruppo a Strasburgo si divide: gli eletti delle vecchie correnti (dieci) votano a favore della risoluzione, quattro deputati si astengono, uno vota contro (Massimiliano Smeriglio), un altro (Giuliano Pisapia) non partecipa al voto. Tra gli astenuti c’è l’unica eurodeputata che siede in direzione, la schleiniana Camilla Loreti. È il primo serio campanello d’allarme. Dopo l’alluvione dell’Emilia Romagna gli oppositori più coperti l’hanno accusata di non essere andata nei territori alluvionati (in realtà ci è andata, ma dopo la Meloni). E il tam tam della vecchia guardia del partito dice che Elly gira poco nei luoghi e che si sottrae alle incombenze dell’incarico. Nel giorno in cui la Schlein ha abbracciato Giuseppe Conte (mentre lei era in delegazione alla manifestazione del M5S sulla precarietà) tutti i nemici si sono uniti e sono usciti allo scoperto all’insegna dello slogan: «La Schlein sta svendendo il Pd a Conte». Una tesi a dir poco ridicola, alla luce dei sondaggi: nella serie degli ultimi tre mesi la neo-segretaria aveva riportato il Pd ai livelli dell’era Zingaretti. Nel giorno in cui chiudiamo questo articolo, un sondaggio di Swg per il tg di Enrico Mentana indica il Pd al 20%.

Il caso De Luca

A tutti questi veleni si aggiunge un tema vero: nella composizione degli organismi dirigenti e dei gruppi parlamentari, la Schlein ha promosso molti volti nuovi che non vengono dalla storia delle correnti e del partito. Uomini e donne come Marta Bonafoni o Paolo Ciani (vedi intervista a pagina 22) che hanno molto caratterizzato, negli anni le loro posizioni pacifiste. “Gli Schlein”, come vengono chiamati, non sono percepiti come uno dei normali avvicendamenti tra maggioranza e opposizione (dove nei gruppi dirigenti del Pd tutti si conoscono dalle elementari) ma come degli Ufo, gente con cui è difficile fare degli accordi. Ed è a questo punto che occorre tornare alla lunga e acida esternazione del governatore della Campania di lunedì scorso. De Luca ha giurato vendetta alla Schlein per due nobilissimi motivi. Il primo è la degradazione dell’amato figlio Piero, che in età lettiana era riuscito a diventare vice-capogruppo a Montecitorio. Il secondo è la sua ferma risoluzione di ricandidarsi alla guida della Regione. Una scelta che la Schlein considera inopportuna, e a cui si oppone (per adesso) con la moral suasion.

2. CHI SUSSURRA ALL’ORECCHIO DI SCHLEIN

Enrico Mingori per “Tpi – The Post Internazionale”

Le pagine social di Elly Schlein sono diverse da quelle di Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Giuseppe Conte. Gli altri leader sfornano un contenuto dietro l’altro: in alcuni casi si arriva anche a nove post al giorno fra video-messaggi, card o foto tratte dalla propria vita privata. La segretaria del Pd, invece, dosa attentamente la propria esposizione digitale: la frequenza di pubblicazione è molto più bassa rispetto ai suoi colleghi, fra un post e l’altro possono passare anche due o tre giorni di silenzio. Questo non significa che Schlein sia una politica poco social: ad esempio, è con una diretta su Instagram che ha annunciato i nomi della sua nuova Segreteria ed è sempre con una diretta su Instagram che ha commentato la sconfitta del centrosinistra ai recenti ballottaggi delle amministrative. Parliamo pur sempre di una donna di 38 anni, unica millennial tra i leader di partito italiani. Certo, negli automatismi dei social newtork produrre meno post equivale anche ad avere meno seguito: su Facebook il confronto è impietoso, la segretaria dem conta appena 277mila follower contro i 5 milioni di Salvini, i 4,5 milioni di Conte, i 2,8 milioni di Meloni, e proporzioni analoghe si trovano su Instagram e Twitter. Il fatto, però, è che dietro c’è una precisa strategia: Schlein vuole evitare di farsi travolgere dal vortice della cosiddetta “rincorsa al tweet” che oggi porta i leader politici a trasformarsi di fatto in opinionisti quasi obbligati a esprimersi sui fatti dell’attualità. È per questo che ha scelto un profilo più misurato. E il discorso lo si può applicare in certa misura anche alle interviste sui giornali e soprattutto a quelle televisive, che la segretaria del Pd non ama particolarmente fare. Per Schlein è cruciale evitare qualsiasi tipo di sovraesposizione mediatica.

L’uomo-ombra

È sotto gli occhi di tutti come la politica, ormai da anni, tra piattaforme social e talk show, sia sempre più una questione di comunicazione. Perciò è importante conoscere non solo vita, morte e miracoli dei leader di turno, ma anche chi sono i professionisti della parola che sussurrano alle loro orecchie, chi scrive i loro discorsi e i loro post, chi suggerisce loro come cavalcare una polemica o come uscire da una situazione difficile. Oggi più che mai i Rocco Casalino e i Luca Morisi, solo per citare due tra i comunicatori politici più noti, sono de- terminanti quasi quanto i rispettivi capi. Il portavoce di Schlein è Flavio Alivernini, 43 anni, romano, al suo fianco dall’inizio del 2020: Schlein lo chiamò appena dopo essere stata eletta al Consiglio regionale dell’Emilia-Romagna e nominata vicepresidente della Regione dal governatore Stefano Bonaccini (suo futuro rivale alle primarie del Pd, ma questa è un’altra storia). Per trasferirsi a Bologna Alivernini lasciò la Camera dei deputati, dove da cinque anni seguiva l’ufficio stampa di Laura Boldrini. Quest’ultima, da presidente di Montecitorio, era stata bersaglio di pesanti campagne d’odio sui social: un’esperienza che lo spin doctor ha raccontato in un libro, “La grande nemica”, pubblicato nel 2019 per People, la casa editrice fondata da Pippo Civati, ex leader dell’ex partito di Schlein, Possibile. Laureato in Scienze politiche con una tesi molto europeista (“Storia dell’idea d’Europa: il cammino dell’integrazione europea da Carlo Magno ad Altiero Spinelli”), Alivernini è un grande appassionato di arte contemporanea: in passato ha collaborato con svariate riviste culturali, è stato caporedattore della Società Dante Alighieri e si è occupato dell’organizzazione di diverse mostre d’arte; per qualche tempo ha anche curato una rubrica di arte su La Stampa (si intitolava “Vernice”). I suoi punti di riferimento culturali sono Pier Paolo Pasolini ed Ezra Pound, accomunati secondo lui da «una visione edenica del passato preindustriale, spazzato via dall’inurbamento postbellico». Ma il portavoce di Schlein mastica anche di geopolitica, avendo lavorato con Lucio Caracciolo a Limes. Oggi Alivernini segue come un’ombra la segretaria del Pd in tutte le sue uscite pubbliche, anche se, a differenza di molti suoi colleghi spin doctor, è di indole riservata, non ama i riflettori e comunica lo stretto necessario, sempre molto scrupoloso nel dosare le parole.

La squadra

Alivernini può contare anche sul personale dell’ufficio stampa del partito, con cui si coordina per tenere i rapporti con giornali, agenzie di stampa e televisioni. I social, invece, li gestiscono direttamente in tandem lui e Schlein. Durante la campagna per le primarie la parte digitale era stata affidata ai professionisti milanesi di Strategy Design, mentre nei mesi scorsi qualche giornale è tornato a parlare della collaborazione fra la neo-leader dem e l’agenzia statunitense Social Changes, vicina a Barack Obama, che però ha collaborato con Schlein solo per la campagna elettorale del 2020 in Emilia-Romagna, dandole preziose istruzioni, fra le altre cose, su come sfruttare al meglio il linguaggio del corpo. Insieme ad Alivernini, oggi l’altro punto di riferimento per la segretaria nel dietro le quinte della politica è Gaspare Righi, che la affianca da ormai dieci anni, dai tempi di “Occupy Pd”, passando per il mandato da parlamentare europea e per quello nella giunta regionale dell’Emilia-Romagna, fino alla vittoria alle recenti primarie. Trentasei anni, bolognese di San Giovanni in Persiceto, laureato in Matematica, Righi due mesi fa è stato nominato da Schlein suo capo segreteria: è lui l’affidabile uomo-organizzazione, colui che gestisce l’agenda quotidiana della leader. La quale, per rendere l’idea, pare lo abbia definito suo «partner in joy and in pain» (ossia nella gioia e nel dolore). Nel Pd gli altri fedelissimi della segretaria sono Marco Furfaro, Marco Sarracino, Annalisa Corrado e Marta Bonafoni, tutti e quattro membri della Segreteria nazionale: è quella la sede in cui – con riunioni a cadenza settimanale – vengono decisi gli indirizzi politici dei dem. Fuori dal Nazareno, invece, Schlein è in stretto contatto con l’ex deputata di LeU Rossella Muroni, con l’ex ministro del Governo Monti Fabrizio Barca, con il segretario generale della Cgil Maurizio Landini: è con loro che si scambia consigli. Senza dimenticare i sempre ottimi rapporti con l’ex premier Romano Prodi.