RASSEGNA STAMPA – Niente di certo se non che Putin è in difficoltà….

IN ATTESA CHE SIA PUTIN A DARE LA VERSIONE DI QUANTO ACCADUTO È INNEGABILE CHE PRIGOZHIN È ARRIVATO CON I SUOI MERCENARI A 200 KM DA MOSCA. CHE POI ABBIA FATTO MARCIA INDIETRO PER EVITARE UN BAGNO DI SANGUE FRA RUSSI È UNA SPIEGAZIONE NOBILE MA POLITICAMENTE DEBOLE. IL SANGUE C’È STATO, SIA PURE LIMITATAMENTE AD ALCUNI MILITARI DA UNA PARTE E DALL’ALTRA , ED ERA STATO MESSO IN CONTO. SE POI DOVESSE ESSERE CONFERMATO CHE SIA LA CASA BIANCA CHE IL CREMLINO ERANO AL CORRENTE DELLA “MARCIA” DELLA BRIGATA WAGNER, SONO MOLTI GLI INTERROGATIVI SENZA RISPOSTA. SE UN COMPROMESSO C’È STATO È AVVENUTO FRA PUTIN E PRIGOZHIN NON AVENDO IL PRESIDENTE DELLA BIELORUSSIA LA RILEVANZA POLITICA ALL’ALTEZZA DELLA GRAVITÀ DELLA SITUAZIONE. LUKASHENCO VIENE NOTORIAMENTE CONSIDERATO ESSENDO UN VASSALLO AGLI ORDINI DI PUTIN E PRIGOZHIN L’HA SEMPRE SAPUTO. TUTTO PUÒ ACCADERE SE È VERO CHE È INIZIATA LA PARTITA PER UN NUOVO ASSETTO DI POTERE DAL QUALE PRIGOZHIN SI È SENTITO ESCLUSO. NON RESTA CHE ASPETTARE DI SENTIRE PUTIN CON LA SUA VERSIONE.

Estratto dell’articolo di Giuliano Ferrara per “Il Foglio”

[…] Ma la rivolta del cuoco di Putin, così diverso dalla cuoca che Lenin voleva alla testa dello stato, dimostra inequivocabilmente che quel paese meraviglioso è nelle mani di una banda, anzi di più bande composte di ladri e di macellai. In cuoco veritas. Ha detto che nessuno minacciava la Russia prima del 24 febbraio in cui duecentomila poveracci con le pezze al culo furono indotti a invadere e occupare l’Ucraina. Non c’erano nazisti in circolo. Non c’era una vera guerra nel Donbas. Non c’era niente da smilitarizzare alla frontiera per difendere la patria dall’occidente e dalla Nato.    […]  Prigozhin si è rivelato più sobrio di legioni di topini da talk-show di questo nostro infelice paese mediatico, ciarliero quanto cialtrone. La posta in gioco dei macellai che hanno massacrato un pezzo d’Europa erano soldi e carriere. Putin crede di interpretare il ruolo di Nicola II nel 1917, quando abdicò tradito dall’esercito, ma è solo il mandatario disilluso di un personaggio formidabile e losco che gli si rivolta contro, è un potente poveraccio che si appella disperato contro la fronda armata che lo minaccia. Il cuoco, un ex rapinatore, un venditore di hot dog, poi un ristoratore e businessman, infine fondatore di un esercito di avanzi di galera che cerca di eleggere Trump a capo degli Stati Uniti con la pirateria cibernetica, e poi fa le sue scorrerie in Africa, e che ha portato l’eroismo della follia in Crimea e poi nella più sanguinosa delle battaglie sul fronte ucraino, ha tirato fuori il vero dalle sue viscere, varcando la linea rossa della solidarietà con i servizi e il Cremlino, alle cui trame e menzogne era ben collegato, e mettendo nei guai la più fetida impresa politica e militare da un secolo a oggi, le avventure del Terzo Reich a parte. Può darsi che lo fucilino. Può darsi che stipulino con lui un compromesso oscuro dell’ultimissima ora. Può darsi che batta in breccia un establishment politico-militare alla frutta, con il suo capo: di sicuro ha messo a nudo la più grande mistificazione antioccidentale e il più colossale totem di tutti gli sciagurati che si battono a chiacchiere contro la società aperta, la globalizzazione, l’alleanza internazionale delle democrazie contro le autocrazie.    […]Davanti alla rivolta che lo minaccia il capobanda ha smesso in diretta le vesti posticce dell’uomo forte, del regolatore potenziale di un nuovo ordine mondiale contro quanto era uscito di buono dalla Guerra fredda; potrà continuare a accumulare e macellare, con l’aiuto degli straccivendoli da piccolo schermo e della sua rete di influencer, ma dopo l’appello del sabato mattina, con l’occhio finalmente tremulo e il linguaggio impaurito del corpo, anche la sua eventuale vendetta, se ci fosse, apparirà il primo atto di un epilogo brutale e triste, a un passo da Nicolae Ceausescu. Altro che lo zar.