RASSEGNA STAMPA – Sempre meno soldi per la sanità….

MEGLIO NON AMMALARSI, NEL SENSO DI PRENDERE TUTTE LE PRECAUZIONI PERCHÉ, SE SUCCEDE, IL RISCHIO È ALTO. GLI OSPEDALI SONO IN AFFANNO PER IL CARICO DI LAVORO DOPO IL FERMO DELLA PANDEMIA, PER IL PERSONALE CHE MANCA E LE LISTE DI ATTESA FUORI CONTROLLO. PIU’ DI UN ANNO PER UNA PET. MANCANO MEDICI E INFERMIERI CHE FACCIAMO VENIRE DA CUBA O COMUNQUE DALL’ESTERO MA NELLE UNIVERSITÀ PER MEDICINA IL NUMERO DELLE ISCRIZIONI È “CHIUSO” CIOÈ BLOCCATO. LA LOBBY DEI CAMICI BIANCHI DIFENDE COSÌ IL SUO MERCATO E I SUOI PRIVILEGI. IL GOVERNO, DA PARTE SUA, TAGLIA LE RISORSE ASSEGNATE AL SERVIZIO SANITARIO CON TUTTE LE IMPLICAZIONI CHE NE SEGUONO. E’ NELL’ORDINE DI MILIONI IL NUMERO DEI CITTADINI CHE, NON POTENDOSI CURARE PRIVATAMENTE, PAGANDO, DEBBONO RINUNCIARE A CURARSI. SULL’ARGOMENTO MUGUGNI A VALANGA DAL BASSO, ZERO INIZIATIVE E MEN CHE MENO BATTAGLIE A LIVELLO POLITICO.

Estratto dell’articolo di Milena Gabanelli e Simona Ravizza per il “Corriere della Sera”

Se la «lista d’attesa» appartenesse a una corporazione, sarebbe certamente più corta. Ma qui si tratta di una lista senza rappresentanza, formata da milioni di cittadini dove ognuno subisce in solitudine il proprio disagio o si arrangia come può. Chi può. Eppure nessun governo ha mai dichiarato di voler tagliare la spesa sanitaria, al contrario sono sempre stati snocciolati miliardi di investimenti. Per capire se lo Stato ne tira fuori abbastanza gli esperti usano un indicatore: il rapporto tra i finanziamenti pubblici al Servizio sanitario nazionale e il Pil. Con 114,4 miliardi spesi nel 2019, l’Italia arriva alla pandemia con un livello di finanziamento rispetto al Pil del 6,4%, contro il 9,8% della Germania, il 9,3% della Francia e il 7,8% del Regno Unito (dati Ocse). Il 2020 è l’anno della spesa record: 120,5 miliardi, pari al 7,3% del Pil. La grande lezione del Covid è quella dell’impegno solenne: mai più risparmi e tagli sulla sanità. Cosa è successo dopo? Nel 2021 le Regioni spendono 8,3 miliardi in più per coprire i costi extra: ricoveri in ospedale di chi ha contratto il virus, tamponi, reclutamento di medici, infermieri, e vaccinazioni di massa. Lo Stato a oggi gliene ha rimborsati solo 4,45: vuol dire che le Regioni hanno accumulato un buco da 3,86 miliardi. […] Nel 2022 le Regioni continuano a sostenere spese extra legate al Covid: i ricoveri, la sanificazione obbligatoria degli ambienti ospedalieri, le uscite per il personale aggiuntivo, oltre alle visite e gli esami da recuperare. Con la fine dello stato d’emergenza del 31 marzo, però, lo Stato di fatto non riconosce più i finanziamenti aggiuntivi. In più si sommano 1,4 miliardi di costi per l’impennata delle bollette di luce e gas. Con il decreto del 10 gennaio 2023 il governo Meloni mette 1,6 miliardi alla voce «maggiori costi delle fonti energetiche e per il perdurare della pandemia». I fondi vengono distribuiti in percentuale rispetto alla popolazione delle regioni. Risultato: solo in bollette l’Emilia-Romagna spende 188,2 milioni e ne prende 120,9; la Toscana 153 e ne prende 101; l’Umbria 31 e ne prende 23,8 […] La Sanità pesa all’incirca per l’80% sui bilanci delle Regioni, e gli ultimi due anni si fanno sentire. Lo dimostra il confronto tra il 2022 e il 2019: le Regioni che avevano conti in ordine ora sono indebitate. L’Emilia-Romagna è in rosso di 84,9 milioni; il Piemonte di 21; il Lazio di 125,5; la Basilicata di 20,9 milioni; l’Umbria di 69,5 milioni, la Sardegna di 41,7. Mentre Regioni già in negativo come Toscana, Abruzzo e Puglia hanno peggiorato la loro situazione finanziaria. Bilancio in pareggio ma risicatissimo per la Lombardia che chiude con 296 mila euro contro i 6,3 milioni del 2019, e il Veneto a 7 milioni contro i 29,4 del 2029. Ora alle 20 Regioni arriverà 1 miliardo e 85 milioni per il cosiddetto payback: chi negli anni passati ha acquistato dispositivi medici in più rispetto al tetto di spesa fissato recupererà il 50%. In sostanza si distribuiscono un po’ di soldi a tutte le Regioni che hanno sforato su un altro capitolo di spesa, sperando che tappi il buco aperto dai costi del Covid e dalle bollette. Difficile. Del resto, il finanziamento al servizio sanitario cresce solo sulla carta: 123,4 miliardi nel 2021; 125,98 nel 2022; 136 nel 2023; 132,7 nel 2024 e 135 miliardi nel 2025. Ma siccome i soldi si pesano rispetto al Pil, siamo passati dal 6,4% del 2019 al 6,9% del 2021, e poi la curva si inverte: 6,6% nel 2022, 6,7% nel 2023, 6,3% nel 2024 e 6,2% nel 2025. In pratica stiamo tornando addirittura indietro rispetto al pre-pandemia. Per arrivare ai livelli di Germania e Francia servirebbero all’incirca 40 miliardi in più all’anno, e 20 per raggiungere almeno il Regno Unito. Quando le risorse sono poche si è costretti a risparmiare, proprio nel momento in cui è necessario investire in vista delle sfide che ci attendono. A partire dalle liste d’attesa. Resta da recuperare qualche milione di prestazioni sanitarie perse per il blocco/rallentamento dell’attività sanitaria durante i mesi clou della pandemia. Oltre a esami e visite specialistiche (vedi il Dataroom del 6 febbraio 2023), i dati diffusi da ministero della Salute e Agenas confermano il permanere di criticità anche sui ricoveri: nel caso degli interventi cardiovascolari che devono avere la precedenza per motivi di urgenza (classe A) e che dovrebbero essere eseguiti entro 30 giorni, ben 14 Regioni presentano risultati peggiori di quelli del 2019.    […]I primi 9 mesi del 2022 registrano una riduzione della spesa per investimenti di oltre il 13%. Che vuol dire meno soldi per l’acquisto di attrezzature nuove e per la manutenzione dei reparti «al fine di garantire a ciascun cittadino una risposta adeguata alla domanda di salute, sia in termini di prevenzione che di cura delle diverse patologie». Lo fa presente la Corte dei conti che scrive: «Il programma straordinario degli investimenti pubblici in sanità costituisce un contributo sostanziale al perseguimento della finalità pubblica della tutela della salute (ai sensi dell’art. 32 Cost.) in quanto l’ammodernamento del patrimonio strutturale e tecnologico del Servizio sanitario nazionale consente meglio di rispondere con strutture e tecnologie sempre più appropriate, moderne e sicure, alle necessità di salute della comunità e alle aspettative di operatori e utenti del Servizio sanitario nazionale». In conclusione: snocciolare qualche miliardo in più fa sempre una certa impressione, ma rispetto alle necessità sono solo noccioline.