RASSEGNA STAMPA – Carlo De Benedetti dice la sua e ne ha per tutti…

CARLO DE BENEDETTI, ESPRESSIONE DELLA GRANDE IMPRENDITORIA, HA ATTRAVERSATO LA PRIMA, LA SECONDA E NON È ESTRANEO ALLA TERZA REPUBBLICA. OLTRE AI RAMI D’AZIENDA DI MAGGIOR PROFITTO HA CURATO PERSONALMENTE IL SETTORE EDITORIALE E SI È SEMPRE OFFERTO COME IMPRENDITORE PROGRESSISTA ATTENTO ALL’EVOLUZIONE DELLA SINISTRA. NOTEVOLE IL SUPPORTO DELLE SUE TESTATE, OGGI IN MANO ALTRUI, AL CENTROSINISTRA. E’ STATO LA TESSERA NUMERO 1 DEL PD NEI CONFRONTI DEL QUALE È MOLTO CRITICO. BEN ADDENTRATO NEI PALAZZI DEL POTERE NE CONOSCE UOMINI E COSE. IL SUO GRUPPO HA TRATTATO ALLA PARI CON IL POTERE DEGLI AGNELLI E DI BERLUSCONI. ISPIDO NEI SUOI GIUDIZI NON HA MAI SOFFERTO DI COMPLESSI DI INFERIORITÀ. HA TRATTATO LA POLITICA CON GRANDE AUTONOMIA DI GIUDIZIO ED HA CERCATO CON I SUOI GIORNALI DI INFLUENZARLA E CONDIZIONARLA. ANCORA OGGI LE SUE OPINIONI SONO SEGUITE E CONSIDERATE.

Estratto dell’articolo di Cesare Zapperi per il “Corriere della Sera”

«Questo Paese non si cura con il continuismo. Serve radicalità». E proprio Radicalità è il titolo del pamphlet che Carlo De Benedetti ha scritto per spiegare quale sia «Il cambiamento che serve all’Italia».     (…) Si parte dalla stretta attualità, con l’elezione alla guida del Pd di Elly Schlein. «Io l’avrei votata ma non sono andato ai seggi perché mia moglie avrebbe votato Bonaccini e così non sarebbe servito a nulla». De Benedetti, già tessera numero 1 del Pd di cui poi si è disamorato, ha una opinione positiva sulla neosegretaria. «La stimo, penso sia una persona perbene e intelligente, con passione e un notevole grado di indipendenza». Il giudizio vale però qui ed ora. «Magari tra sei mesi ne dirò malissimo. Non so se riuscirà a muoversi nella giungla del Pd». Dall’opposizione al governo il tono si fa duro, quasi sarcastico. «Giorgia Meloni è un camaleonte, prima fa la madre che va da Vox in Spagna e parla male di tutti. Poi va in Europa e si presenta come una scolaretta». De Benedetti non fa sconti. «Questo è il governo di Descalzi (l’amministratore delegato di Eni, ndr ). Ogni tanto le passa uno slogan, il fantomatico piano Mattei per esempio (è carta straccia) e lei lo ripete ad alta voce, non rendendosi conto di quel che dice». «Sull’economia Meloni non ha derogato dalla linea del governo precedente — continua l’imprenditore — perché non ci sono margini di manovra». Su Mario Draghi poche parole: «È stato la salvezza del Paese». Per finire con la politica, ecco servito un giudizio tranchant su Silvio Berlusconi: «Quando sono di buon umore mi fa tenerezza, altrimenti provo pena». La chiacchierata con de Bortoli cade su casa Agnelli, con cui da sempre c’è un rapporto agrodolce. «L’operazione Stellantis è stata magistrale. Chapeau a John Elkann. È riuscito a vendere un chiodo come la Fiat alla Peugeot». Le parole diventano severe quando parla dell’impero editoriale (oggi gruppo Gedi) che i figli di De Benedetti hanno venduto agli Agnelli. «Come editore è pessimo. Non ha capito cosa aveva in mano. Repubblica non la ricomprerei neanche morto. È un giornale ormai rovinato, è stato distrutto». C’è tempo ancora per un paio di stoccate in ambito economico per dire che «Confindustria non serve a nulla. Negli ultimi anni è diventato un trampolino per il presidente che passa a guidare aziende di Stato…». E si chiude sulla guerra: «Finirà quando le uniche due superpotenze esistenti, America e Cina, lo vorranno. Per ora è nel loro interesse lasciare che Putin (un pupazzo) si logori. L’Europa non conta nulla, l’Italia ancora meno».