RASSEGNA STAMPA

      Nessun commento su RASSEGNA STAMPA

NON C’È GOVERNO CHE NEL SUO PROGRAMMA NON ABBIA ANNUNCIATO LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA. A VOLERLA PIÙ DI TUTTI – PRO DOMO SUA-SILVIO BERLUSCONI CHE NON C’È RIUSCITO ED HA DOVUTO RIPIEGARE SULLE LEGGI AD PERSONAM. ANCHE MATTEO RENZI LA VOLEVA QUANDO ERA PREMIER E ANCOR DI PIÙ LA VUOLE OGGI CHE È IN GUERRA CON I P.M. IN VICENDE GIUDIZIARIE CHE LO RIGUARDANO. IL PD TRACCHEGGIA FRA IL SI E IL NI ED HA PREFERITO GALLEGGIARE NELLE CONVENIENZE DI GOVERNO. ORA IL MINISTRO NORDIO SEMBRA FARE SUL SERIO SULLE MANETTE FACILI E LE INTERCETTAZIONI A GRAPPOLO DA CUI LE ” MACCHINE DEL FANGO” PRENDONO QUELLO CHE GLI SERVE PER SPORCARE L ‘IMMAGINE DI CHI GLI STA CONTRO E DI CHI NULLA VI HA A CHE FARE. PERSONE DEL TUTTO ESTRANEE AI FATTI DELL’INCHIESTA E ALLE IPOTESI DI REATO VENGONO RISUCCHIATE NEL GORGO DELLO SPUTTANAMENTO MEDIATICO. SE NORDIO VUOL METTERE FINE A QUESTO SCONCIO GIUDIZIARIO IMPUNITO AUGURI DI BUON LAVORO AL MINISTRO. CHIUNQUE SIA A GODERNE INDIRETTAMENTE SE NON DIVERSAMENTE PERSEGUIBILE IN OMAGGIO AL PRINCIPIO CHE “È MEGLIO UN DELINQUENTE FUORI CHE UN INNOCENTE DENTRO”.

Articolo di Conchita Sannino per “repubblica.it”

Berlusconi è plasticamente dimensionato, e di molto. Ma il berlusconismo vive, strategicamente potenziato e ideologicamente verniciato, nella Giustizia formato Carlo Nordio. Quarantacinque giorni dopo, le linee programmatiche consegnate ieri dal ministro della Giustizia alla commissione competente in Senato disegnano la radicalizzazione di temi e toni, forse non esattamente prevedibili neanche da un “principe” dei garantisti, come l’ex procuratore aggiunto di Venezia. Una metamorfosi: un po’ ancien regime, un po’ populismo da quarta Repubblica. Basta con l’obbligatorietà dell’azione penale diventata addirittura «capricciosa, arbitraria». Basta eccessi di custodia cautelare: da affidare anzi a un organo collegiale, in fondo «perché deve decidere un solo giudice», con buona pace degli ingorghi già esistenti e dei desideri di risposte e celerità. Meno intercettazioni, ché «sono troppe, costano troppo», soprattutto basta diffonderle, usarle come «micidiale strumento» anche per colpire gli avversari politici. Quasi un annuncio di partita finale. Che non solo ricompone per un attimo le profonde lesioni tra i meloniani e gli azzurri di fede ronzulliana. Ma fa gongolare Renzi e Calenda, li spinge a diventare sempre più alleati. Di fatto. Col dettaglio che, nel clima di diffusa delegittimazione della magistratura (in gran parte auto inferta), e con l’arretrato di conti in sospeso da parte non solo del centrodestra ma di un assetto politico trasversale, ciò che ieri appariva irricevibile, sufficiente a innescare corali levate di scudi, oggi diventa strutturale, assorbito. E – a dispetto della necessità di modificare la Costituzione per incidere «più radicalmente», come progetta il Guardasigilli – si presenta come il rovesciamento d’un tratto vicino, e possibile. Soprattutto grazie alla saldatura tra Fdi e Terzo Polo. Che proprio sul terreno della Giustizia, e su questi duri ed eloquenti segnali di “revisione” e di guerra, potrebbe inaugurare il suo sostegno esterno. Non è un caso che proprio alla Camera stia per essere depositato, a breve, un disegno di legge della maggioranza che punta alla separazione delle carriere, e che conta sul consenso di Renzi e Calenda. Così com’è emblematico anche un piccolo ma simbolico passaggio, avvenuto ieri a Montecitorio. Proprio mentre Nordio in commissione Giustizia picchiava contro i pm e contro i loro presunti reati “inutili” – come l’abuso d’ufficio o il traffico d’influenza, quelli che «intimidiscono gli amministratori senza tutelare i cittadini» – alla Camera passava il singolare ordine del giorno di Enrico Costa, delegato del gruppo per Azione, che impegna il governo a far svolgere dall’Ispettorato generale del Ministero della Giustizia «un monitoraggio» degli atti motivati con cui i procuratori della Repubblica spiegano l’interesse pubblico e giustificano l’adozione di conferenze stampa e comunicati, su blitz o iniziative in corso. Chi e cosa, poi, possano stabilire a monte quando un’azione giudiziaria sia rilevante per l’opinione pubblica è il tema di fondo mai risolto: neanche dal decreto sulla presunzione d’innocenza, all’origine di tutto, e non a caso varato da Cartabia su spinta di Azione. Il M5s è solo col suo no, si astiene il gruppo Verdi-Sinistra, e l’ok al “monitoraggio” viene anche dal Pd. «Ma è solo l’attuazione della norma in vigore, e abbiamo cassato la prima formulazione, quella sì aggressiva, di Costa», spiegano dal Nazareno. Se non ora quando, è comunque il messaggio che sembrano trasmettere, sottotesto, quelle parole di Nordio al Senato. Tanto che, ad esempio, sulla separazione delle carriere, issata come vessillo – qui e subito – non si considera né che la riforma Cartabia abbia già portato ad un solo passaggio lo cambio possibile; né le risoluzioni dell’Unione che in più occasioni hanno indicato l’Italia – come sistema in cui è sempre possibile un passaggio – per costruire quella cultura della giurisdizione che è patrimopnio di ogni magistrato sereno e indipendente. Ma si preferisce guardare all’Europa che non concepisce «questo numero di intercettazioni». Oppure randellare l’obbligatorietà dell’azione penale: che potrebbe essere sostituita – modifiche alla Costituzione permettendo – solo dall’elenco delle priorità dettate dalla politica. Erano i sogni berlusconiani. Il paradosso è che tutto questo arrivi da un ministro imposto da Meloni e che mister B., leader isolato, non voleva. Ma cade in un Paese che, anche per effetto delle cadute delle toghe – e di quel ventennale muro contro muro – è profondamente cambiato.