RASSEGNA STAMPA – Per bloccare i flussi dalla Tunisia chiesto aiuto a Biden…

IL PROBLEMA DEGLI SBARCHI DI MIGRANTI, PROVENIENTI SOPRATTUTTO DALLA TUNISIA, SE NON AFFRONTATO PER TEMPO, ESPLODERÀ IN TERMINI DRAMMATICI E L’ITALIA NON SARÀ IN CONDIZIONI DA FARVI FRONTE. DA QUI LA RICHIESTA AL PRESIDENTE BIDEN DI INTERVENIRE SUL FMI PER EROGARE AL GOVERNO TUNISINO IL MILIONE E NOVECENTOMILA EURO DI CUI HA URGENTE BISOGNO. MA NON BASTA. E’ L’EUROPA CHE DEVE INTERVENIRE E FARSENE CARICO.

Estratto dell’articolo di Francesco Bechis per “Il Messaggero”

La crisi tunisina «va risolta oggi». Dopo «è troppo tardi». Roma chiama Washington Dc. Serve la benedizione di Joe Biden per sbloccare il prestito da 1,9 miliardi di euro del Fondo monetario internazionale (Fmi) per il governo tunisino di Kais Saied. Senza quei soldi, il countdown è già avviato: tra sei, nove mesi al massimo la Tunisia potrebbe finire in bancarotta e l’Italia travolta da un’ondata migratoria senza precedenti. Ieri è stato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani a riecheggiare l’allarme in una telefonata con il Segretario di Stato americano Antony Blinken. Venti minuti di colloquio che consegnano un bilancio di chiari e scuri.    […] Il messaggio arrivato alla Farnesina da Washington si può riassumere così. I riflettori dell’amministrazione sono accesi sul caos a Tunisi e la valanga migratoria che può riversarsi sulle coste europee se lo Stato tunisino fallisse. Di più: gli americani sono anche disposti, di sponda con il governo Meloni, a convincere l’Ue a sbloccare i finanziamenti per sostenere le casse tunisine. Tra gli altri, il prestito da 900 milioni di euro, diviso in tre tranche da 300 milioni, che ancora ieri Tajani ha rievocato come soluzione tampone alla crisi. Fin qui le convergenze. Poi le doglianze: l’amministrazione Biden non si fida di Saied. La spirale autoritaria, le politiche populiste a suon di sussidi cui il presidente tunisino non intende rinunciare, neanche al prezzo di 2 miliardi di dollari. Lo ha detto Blinken pochi giorni fa: o la Tunisia si mette in riga, o rischia di cadere in «un baratro». E la Tunisia di Saied in riga non vuole mettersi, come dimostra il gelo del presidente nei due recenti incontri con il Commissario Ue Paolo Gentiloni e la Sottosegretaria di Stato americana Barbara Leaf.    […] E se di una visita della premier Giorgia Meloni a Tunisi per ora non c’è certezza – sarà dura, finché Saied non aprirà uno spiraglio – fervono già i preparativi per la missione di fine aprile del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi accompagnato dall’omologo francese Gérald Darmanin e la Commissaria Ue agli Interni Ylva Johannson. Sul tavolo programmi di addestramento e mezzi per la guardia costiera tunisina (in questi mesi la frontiera con il Sahel è un colapasta) e fondi Ue contro i trafficanti. L’Italia ha chiesto l’aumento dei fondi per il programma ad hoc di Bruxelles, Near, da 200 a 300 milioni di euro annui e ci sono aperture in tal senso. Si parlerà anche di corridoi umanitari e flussi di lavoratori tunisini in Ue grazie a una nuova “Talent Partnership” pensata per la Tunisia. Guerra ai trafficanti e canali legali: è la ricetta Meloni per gestire il bollente dossier migratorio, ha ricordato ieri Piantedosi con un’informativa in Cdm.