SALVARE IL SOLDATO LONGO….E LASCIAR PERDERE GILETTI…

SALVARE IL SOLDATO LONGO …E LASCIAR PERDERE GILETTI..

Ormai è diventato un appuntamento fisso la domenica sera.Va in scena la Calabria con i suoi drammi e le sue emergenze. I conduttori tv di trasmissioni nazionalpopolari, quando sono a corto di  argomenti e di possibili scoop, accedono al contenitore di scandali e di vergogne della Calabria. Non manca mai l’arresto di un politico, la truffa all’Unione Europea, l’appalto truccato, miliardi spariti, burocrazia corrotta, l’arresto del boss e la ‘ndrangheta  che deve fare i conti con la DDA di Nicola Gratteri .A quanto pare la Calabria fa audience e l’audience è la regola aurea dalla quale nelle TV  discendono tutte le altre.

Nella trasmissione “Non è l’arena”, su “La 7”, Massimo Giletti ha come proposito quello di fare giornalismo d’inchiesta e, a modo suo, ci riesce ma volando basso.Niente a che fare,insomma, con “Report” di Sigfrido Ranucci, meno che mai con le inchieste della Gabanelli e nemmeno  con“Titolo Quinto” che va guadagnando consensi il venerdi su RAI 3.Giletti ha scelto di parlare alla “pancia” dei suoi ascoltatori e non alla “testa” per cui è costretto a forzare i toni per dare voce ai mugugni, alle indignazioni, all’antipolitica che monta nel Paese. Ma non è questo che abbassa il livello della trasmissione.

Tornando alla Calabria e ai suoi drammi che Giletti ha scoperto dopo “Titolo Quinto” e dopo “Report”, unitamente allo scandalo nazionale delle mascherine ed ai 70 milioni finiti nelle tasche di improbabili mediatori, per non dire del piano antipandemia non rinnovato dal 2006, Giletti c’è arrivato sempre dopo ma va tenuto conto che il suo pubblico è diverso da quello di “Report” e di “Titolo Quinto”. E’ un pubblico più largo e più “plurale”, nazionalpopolare si direbbe, perché più esposto emotivamente alla narrazione dei fatti e più facilmente coinvolgibile ma anche perché il format della trasmissione mette insieme scandali del potere e della politica con fatti di cronaca che appartengono alla quotidianità e non richiedono chiavi di lettura particolari se non una vaga conoscenza dell’accaduto.

Nella trasmissione  di domenica sera la “narrazione” di quel che accade in Calabria ha perso la forma narrativa del dramma ed è scivolata nella farsa, anticamera del ridicolo.Giletti ha riproposto la vicenda dei 31 mila euro spesi dalla Regione per l’acquisto di mobili di ufficio.Il punto intorno al quale si snodava la trasmissione era la non identificazione  dei destinatari dei mobili perché il maggior sospettato, il direttore generale Bevere del dipartimento sanità, aveva precisato che  a lui erano stati forniti mobili per un valore di 7 mila euro.Da qui la comica delle telefonate con le quali gli interessati prendevano le distanze, avendo avuto i mobili “ a loro insaputa”.Due assessori coinvolti nel teatrino,Gallo e Orsomarso, quest’ultimo in diretta telefonica a spiegare che lui non aveva chiesto nulla, che i mobili che c’erano prima erano malmessi, con due poltrone “rosicchiate dai topi”.Facile controbattere che la Cittadella ha poco più di 5 anni di vita ed è costata una barca di soldi fra servizi e arredi.Nella comica è stata coinvolta anche Daniela Santanchè che soltanto a immagini già andate in onda ha realizzato che Orsomarso è della sua parrocchia politica. Il supercommissario Guido Longo, tirato suo malgrado nella vicenda dei mobili senza poter dire nulla, soltanto alla fine ha avuto l’intuizione o il suggerimento di affermare che, comunque, l’acquisto dei mobili non ha niente a che fare con la sanità, ovvero col suo livello di responsabilità e di competenze.

E qui sta il problema perché , a oltre tre mesi dal suo insediamento, non si è capito di che cosa si occupi il commissario Longo, quali disposizioni abbia dato, quali misure abbia adottato per contrastare la pandemia, come interagisce con le ASP, come controlla l’andamento dei contagi, i tamponi effettuati, i piani di vaccinazione da applicare.Con disarmante franchezza e un linguaggio del corpo rassegnato ha affermato che non gli hanno dato né personale né mezzi per esercitare i suoi poteri e le sue prerogative.Ferme le responsabilità del ministro Speranza che lo ha proposto e del governo Conte che lo ha nominato, il commissario Longo si trova visibilmente nel posto sbagliato. Non c’entra né l’ex-poliziotto né l’ex-prefetto  ma non ci si può improvvisare manager della sanità e stratega del contrasto al virus. Non è nemmeno giusto ledere il prestigio di un uomo che ha servito il Paese negandogli gli strumenti per operare, facendone un testimone passivo dell’unità di crisi costituita dal presidente f.f. Spirlì il quale fa e disfa, contraddicendosi  sugli obiettivi da perseguire. Salvare Longo,dunque, per non esporlo all’inevitabile massacro d’immagine quando la situazione diventerà insostenibile.Con i commissari abbiamo già dato: con Cotticelli, Zuccatelli e sub-commissari che hanno aumentato il debito e devastato il servizio sanitario.

Quanto a Giletti, se vuole fare in Calabria giornalismo d’inchiesta, lasci perdere i 31 mila euro dei mobili che in una regione dove si sprecano e si rubano impunemente miliardi sono tutt’al più un fatto di costume o di folklore politico.Giletti poteva chiedere conto di come sono stati spesi i milioni mandati dal governo per contrastare il virus, le centinaia di migliaia di euro finiti in lavoro straordinario all’ASP di Cosenza nei mesi di giugno,luglio e agosto, le apparecchiature non acquistate, i posti letto non realizzati, le residenze per anziani non sorvegliate e accudite.Per non dire dell’ultimo scandalo dei vaccini spariti o di cui non si riesce a dare conto. Ne mancano all’appello circa 70 mila e se 30 mila dosi possono essere state accantonate per i “richiami”, ne mancano sempre 40 mila. A margine dei conti che non tornano è di pubblico dominio che accede alla vaccinazione gente che non ha alcun titolo o diritto a “saltare la fila” ma è presumibilmente collegata da connivenze, amicizie e parentele alla governance dei vaccini.

Ecco, se Giletti voleva fare giornalismo di inchiesta in Calabria doveva occuparsi dei troppi conti che non tornano e non dei 31 mila euro che in Calabria non fanno nemmeno notizia.Ora si aspetta che siano  le Procure , come sta accadendo in altre regioni, ad avviare indagini per accertare abusi, favoritismi,violazioni, illeciti impunemente consumati. Questa volta è l’anti-Stato dei colletti bianchi chiamato a dare conto.