L’INTERVENTO DI PAOLINI IN CONSIGLIO COMUNALE E LE DIMISSIONI…..

 

Sig.Sindaco,Sig,Presidente, Colleghi

   prendo la parola per intervenire sull’ordine del giorno ma per utilizzare qualche minuto per una dichiarazione personale, se il Presidente me lo consente…  Devo innanzitutto rendere doveroso omaggio al ruolo istituzionale di questo Consiglio, per ciò che rappresenta, ma anche per giustificare le mie ripetute e costanti assenze affinché esse non appaiano come una mancanza di riguardo verso l’Istituzione, o verso le persone che siedono tra i banchi del governo e del consiglio. Al contrario, avendo speso tante energie ed affrontato tanti argomenti negli ultimi anni, avendo avanzato condiviso e avversato tante proposte vedendone tante realizzate in una stagione politica e tante (nell’ultima) in dissenso o comunque con una diversa visione delle cose, dei rapporti sociali e della vita cittadina, ed avendone registrato una subalternità, conclamata, legittima e democratica e perciò rispettabile in confronto a quella avanzata dal Sindaco e dalla maggioranza vincente nelle urne del giugno scorso, ho ritenuto di dover fare una riflessione in questa parte della nuova stagione amministrativa, di essere rispettoso in quanto silente ed interessato osservatore dei realizzatori di ciò che è stato ritenuto giusto e condivisibile, auspicabile dai cosentini.C’è una stagione per la proposta dissenziente, una per la battaglia sul campo e una per la cooperazione quando è in gioco l’interesse generale. Non c’è dubbio che molte di quelle differenze permangono. Sono tempi difficili per il nostro Paese ed io sono sempre stato intenzionato a fare tutto ciò che è in mio potere per affrontare al meglio le numerose sfide che ci attendono, dalla capitale alla più piccola città, al fine di colmare differenze, di ritrovare prosperità, di difendere la nostra sicurezza, in un mondo pieno di insidie e di disonestà, e di lasciare ai nostri figli e nipoti Istituzioni migliori e più forti di quelle che abbiamo ereditato. Quali che siano le differenze che possono dividerci , siamo cosentini e- vi prego di credermi- che nessun vincolo è mai stato per me più importante di questo.E’ stato, quindi, normale provare delusione ma non sarei un italiano degno se dovessi rimpiangere una sorte che mi ha consentito di servire il mio Paese ed il mio Comune per così tanto tempo ed in circostanze anche straordinarie.      Oggi rispondo alla seduta odierna che presenta un ordine del giorno qualificato.               Dico subito che se si dovesse giungere al momento del voto mi asterrò. E ciò sempre per una questione di rispetto: non sarei credibile se esprimessi un giudizio – ed un voto – favorevoli su prospettazioni politiche e sul loro previsionale supporto finanziario rispetto alle quali  ho manifestato dissenso.Nondimeno mi sento in dovere di assicurare con la mia presenza la regolare composizione del Consiglio e la non pregiudiziale avversione a progetti non miei ma  che la città che si è liberamente scelti, ma mi consentirà – signor Presidente – di svolgere alcune considerazioni di tipo politico, pregandola di non intenderle come un fuor d’opera rispetto al tema o ai temi sui quali Lei ci ha chiamato a discutere.  E’ trascorso quasi un anno e mezzo dall’insediamento di questo Consiglio e l’amministrazione in carica opera, nella continuità di un progetto politico che ha ricevuto il consenso maggioritario della città.Ciò non toglie che a questo risultato si è pervenuti a conclusione di una campagna elettorale che ha fatto registrare intrighi, ambiguità, contaminazioni politiche e identitarie che non sono state chiarite né in questo consiglio né dove l’establishment è solito celebrare le sue liturgie e le sue rimozioni. Come se nulla fosse accaduto.Gli aspetti torbidi e non chiariti dell’ultima campagna elettorale, unitamente alle doppiezze consumate pesano e condizionano la composizione di questo consiglio, rendendo labili e incerti i confini fra schieramenti contrapposti. Il constatare come, con troppa facilità e disinvoltura, si entra e si esce da maggioranze variabili, costringe a chiedersi quali sono gli spazi politicamente agibili per poter onorare dignitosamente il mandato di rappresentanza senza farsi confinare nella sterile testimonianza.                Non ho mai avuto come obiettivo l’elezione in consiglio fine a se stessa, non è mai stata nei miei interessi. Ho portato avanti, con le modalità dell’agire politico, una idea, un progetto di città che, per essere concretizzato, postulava la conquista democratica della guida amministrativa dell’istituzione comunale.Di questo progetto non sono stato l’unico sostenitore ma, in un quadro condiviso di alleanze,è stato inizialmente  un obiettivo del centrosinistra rappresentato pubblicamente ai livelli più autorevoli. Le cose poi-come è risaputo-hanno preso un’altra piega e il progetto di città, sul quale si era avuta sintesi politica, è finito nel tritacarne degli intrighi, delle doppiezze, delle regole violate e delle pulsioni più squallide della politica.Non sarei sincero se non riconoscessi che sul piano personale sono rimasto fortemente deluso ma la vicenda, con le sue implicazioni, va molto oltre la mia persona e da quella vicenda altre sconfitte sono state generate e altre ancora se ne annunciano. Anche in politica, prima o poi, i conti tornano.Oggi la mia permanenza in questa aula si spiegherebbe soltanto se presupponesse un progetto politico in cui riconoscermi, alternativo a quello portato avanti legittimamente dal sindaco e dalla sua maggioranza. Non sono interessato e debbo, quindi, inevitabilmente risolvere questa contraddizione e prendere le decisioni conseguenti quando le circostanze lo richiederanno.Ma prima sento il dovere di consegnare alla memoria collettiva della città le ragioni che mi portano a prendere le distanze da un contesto politico e amministrativo nel quale non mi riconosco, anche perché la storia di una città è fatta anche dalla qualità della sua rappresentanza politica per come, nel tempo, si è formata e manifestata.C’è chi attraversa il nulla, chi resta consegnato alla irrilevanza e chi lascia il segno, la testimonianza di un sentimento forte e di un impegno dispiegato nell’interesse generale della città.Insieme a chi ha condiviso il mio progetto politico ABBIAMO svolto il nostro ruolo politico come forza di opposizione e abbiamo dato dimostrazione della nostra affidabilità e impegno nelle battaglie che abbiamo condotto con una visione plurale della composizione sociale della nostra comunità cittadina ma avendo come punto fisso del nostro orientamento politico il bene comune che è “comune” soltanto se è inclusivo di tutte le componenti di un tessuto sociale.Una Città è il contenitore di vite vissute da persone che si muovono con i loro bisogni, le loro speranze, le loro legittime aspettative soprattutto quando hanno bisogno delle istituzioni.Non ci si può limitare a mandare a casa le bollette dei tributi dovuti -quando addirittura non dovuti- ignorando i diritti del cittadino.Dalla sanità ai trasporti, ai servizi essenziali, alla qualità della vita, alla salvaguardia dell’ambiente e del territorio abbiamo esercitato un’azione  continua di controllo e di stimolo non tirandoci indietro quando abbiamo dovuto condividere responsabilità nell’interesse generale della Città.Un’attenzione particolare l’abbiamo avuta per le periferie e per i cittadini che vi abitano dove, se vi si accendono luminarie, emerge nitido e colpevole l’abbandono e il degrado. Nelle periferie, ancora oggi, non si registrano cantieri aperti e nel Centro Storico la manomissione dei luoghi, coltivata dall’amministrazione, si è spinta fino alle demolizioni, distruggendo pezzi di storia della nostra città che altrove vengono preservati e tutelati.Un aspetto poco considerato è che Cosenza, in quanto capoluogo, non deve trascurare i suoi obblighi oltre il perimetro del territorio amministrato ed è anche in funzione di capoluogo che bisogna pensarla, strutturarla e,quindi,amministrarla.Insieme a chi mi ha affiancato in tante occasioni ABBIAMO ragionato in termini di area urbana partendo dal presupposto che l’area urbana esiste già nel vissuto quotidiano delle popolazioni interessate ma incontra resistenze in miopi calcoli elettorali, rendite di posizione, privilegi acquisiti e residue pulsioni campanilistiche dure a morire.Oggi vedo che si riprende a parlare di CITTA’ UNICA ma rilevo un deficit di consapevolezza circa il processo di formazione di un’area urbana che, proiettata verso la città unica, altro non può essere che la sintesi armonica e sinergica delle peculiarità e delle potenzialità delle comunità coinvolte, ognuna col proprio peso.Le identità culturali vanno rispettate in ciò che possono differenziarsi, tenendo presente che la omogeneizzazione culturale richiede processi più lunghi e laboriosi.Ma non è, ovviamente, il dissenso metodologico e sostanziale rispetto alla linea di demolizione, non solo fisica di una parte della città che mi induce alla determinazione di lasciare il Consiglio comunale.Anzi, al contrario, non avrei esitazione e rinnovare il mio impegno pur riconoscendo – senza problemi e senza infingimenti che una buona opera di bonifica urbanistica è stata fatta. Continuerei a dire – e magari lo farò da altre tribune – che la tutela dell’ambiente e della memoria storica non coincidono – a mio avviso – con le pavimentazioni e le opere di addizione e neanche con le rivoluzioni nella viabilità o nella toponomastica, ma con il consolidamento, la manutenzione, il restauro e la tutela.E che queste non sono niente se non vanno di pari passo, essendo intimamente collegate sul piano politico con la giustizia sociale. Che non trovo negli angoli della nostra municipalità.  Ma ovviamente, sarebbe ben poca cosa se volessi trovare nelle ragioni del dissenso i motivi di dimiss Sarebbe una mancanza di rispetto per il Consiglio per il Sindaco e la Giunta ai quali – tutti – va la mia deferenza istituzionale e che ringrazio. Ma sarebbe una mancanza di rispetto anche per me medesimo.  La mia decisione, in conclusione, ha una motivazione politica, non istituzionale. Il mio campo – era – ed è – quello di una aggregazione di uomini e donne impegnati su un progetto di rinascita morale e politica delle istituzioni del nostro paese devastate da una deriva autoreferenziale tutta riepiegata solo sulla gestione del potere che aveva – fu – infettato ogni organismo dello stato.Era questo l’impegno, ma è stato disatteso, dal mio punto di vista. Ovunque volga lo sguardo vedo una mutazione genetica dei partiti e delle rappresentanze che grazie ad una sciagurata legge elettorale pretendono di essere la sinistra del paese. PD in prima fila.- Esserne interlocutore non è più sopportabile per chi ha sensibilità per l’uguaglianza e la giustizia sociale. Un partito che ha perso questo orizzonte non ha più credibilità a sinistra  L’ha irrimediabilmente persa qui in Calabria non solo quando ha rinunciato a praticare la democrazia interna ed ad applicare il più ipocrita doppiopesismo per mantenere il potere dei capibastone locale ma quando ha lasciato marcire la sanità nella fossa di interessi e prebende personali mortificando medici bravi, infermieri bravi, dirigenti, ma soprattutto i cittadini pazienti con la grottesca opera dei pupi tra il sedicente governatore ed il commissario di un partito che sembra voler risolvere tutto con i commissari. Il che la dice lunga sulla tenuta e sulla cifra democratica di chi ambisce a dirigere il paese senza averne non solo la legittimazione ma neanche la cultura politica. L’ha persa quando ha deciso di non opporsi alla pochezza, o addirittura all’assenza di offerta culturale, di tutela dei monumenti di centri storici, di scavi archeologici o musei degni di questo nome senza pensare minimamente di rivendicare il valore della bellezza come risorsa sociale che può diventare nel medio e nel lungo periodo anche risorsa economica. La perde quando si presenta ogni giorno dinanzi ai nostri occhi sgomenti come una guerra tra bande, colpendo il prestigio e la dignità delle Istituzioni. Questa classe dirigente ha distrutto il partito, o meglio, i partiti, ha minato la funzionalità del Parlamento, ha spento l’autonomia di Palazzo Chigi, ha indebolito il potere neutro del Quirinale, ha tentato di manipolare la Costituzione piegandola ad interessi di parte, ha posto sotto assedio la Banca d’Italia, ha regalato alla Lega le armi letali della indipendenza Padana, ha sfornato leggi inconstituzionali a getto continuo, ha portato al Governo ministri bugiardi finanche sui propri titoli di studio, e sui propri monumentali conflitti di interessi anzi sui propri interessi privati coltivati mediante la funzione pubblica, ha trasformato il popolo sovrano, in puro organo di accettazione di una falsa rappresentanza che cala dall’altro. Ecco, per me, il punto è questo. Non è che non vi sia politica, c’è n’è tanta nel Paese; l’abbiamo visto il 4 dicembre dello scorso anno quando la difesa del senso profondo della convivenza civile, rappresentata dalla nostra Costituzione, ci ha spinti ad una partecipazione intensa, convinta, motivata ed informata. Dunque la politica e la passione civile vivono nella nostra città e nelle nostre case, ma non sono qui, non sono più nelle Istituzioni, in quella da cui la nostra dipende, nel sistema in cui la nostra è inserita arbitrariamente composte da organismi alieni alla democrazia nelle quali sediamo noi come inconsapevoli o compiacenti strumenti di chi ha abusivamente occupato le stanze delle decisioni politiche. Le ha occupate – e le occupa – senza diritto e senza mandato popolare. La politica, quella fatta in nome del popolo è altro, ed allora, fermo restando il rispetto e l’ammirazione personale per quanti di voi si battono valorosamente in nome di una propria idea o di un proprio ideale, io penso di essere fuori posto, o meglio, che questo non sia il mio posto.Se non si riaccendono grandi passioni, se non si ridefiniscono gli ambiti della politica restituendo ai cittadini organizzati molti degli scettri confiscati dai partiti l’invocazione della centralità del partito solido rassicurerà i gruppi dirigenti ed i funzionari e le correnti ma non risponderà al vero problema insoluto: dare una casa accogliente a chi non vuole “appartenere” ad un partito ma “viverlo”, anche in modo non stabile come una esperienza di conoscenza, come uno strumento di relazione con altri che condividono non tutto, ma molto. Farò la mia parte da fuori, o forse è meglio dire da dentro, da dentro un nuovo senso politico, con delle idee e perché no, con delle ideologie; in mare aperto, contro le liturgie e le ipocrisie e le arroganze della casta e delle micro-caste, come sempre, per me, senza padrini o padroni, da socialista liberale ha come scopo politico la libertà e la giustizia sociale. Perché bisogna avere una bussola e soprattutto, sapere dove si vuole andare.La prego, signor segretario Generale di registrare le mie dimissioni.