QUANDO “ GIGGINO ‘E POMIGLIANO” DICHIARO’ GUERRA ALLA FRANCIA…

QUANDO “ GIGGINO ‘E POMIGLIANO” DICHIARO’ GUERRA ALLA FRANCIA…

Sono tempi tristissimi.Il Quai d’Orsay ha richiamato il proprio ambasciatore a Roma a seguito dell’incontro del nostro vice-presidente del consiglio, Luigi Di Maio, con un capopolo dei “gilet gialli” per trattare un’alleanza politico-elettorale in vista del voto europeo.

Nel codice diplomatico il richiamo dell’ambasciatore in sede segna una lacerazione profonda nel rapporto fra i due Stati coinvolti. In passato l’atto precede la rottura dei rapporti diplomatici e il profilarsi di un conflitto.

Non siamo a questo per fortuna ma, fra qualche decennio, quando ci si interrogherà su come sia stato possibile che il Paese di Cavour, Mazzini, Garibaldi , Machiavelli, De Gasperi, Togliatti, Moro, Berlinguer, Andreotti, Craxi, Cossiga ecc. ecc.,, sia finito in mano a “questi qua” come li definisce lapidariamente Filippo Ceccarelli ,penna puntuta del giornalismo di costume, non sarà facile essere convincenti.

Il fenomeno potrebbe,in estrema sintesi, essere spiegato così.  Un comico (Beppe Grillo ) , avvantaggiato da una sinistra litigiosa, inconcludente , autoreferenziale, inaffidabile e perdente, interpretando il malessere diffuso di una comunità non più disposta a tollerare i privilegi e gli sperperi di un ceto politico incapace, arrogante e di discutibile moralità,privo del senso dello Stato e delle responsabilità conseguenti, ha portato al governo del Paese, a colpi di vaffanculo, la rappresentanza dei bar sotto casa, del  popolo dei call center e dei social network.

Il 68 voleva portare l’ immaginazione al potere, il movimento 5Stelle ha portato l’ignoranza ( nel senso di non conoscenza dei problemi) , l’incompetenza incorporata e l’arroganza tipica di chi non è consapevole degli errori che commette.

E così, mentre Bruxelles e il Fondo Monetario Internazionale ci dicono che il tasso di crescita della nostra economia previsto  non è realistico , che piuttosto che crescita andiamo in recessione, Di Maio annuncia un “boom” che esiste soltanto nella sua fantasia e fa dire al presidente Conte che il 2019 sarà un anno “bellissimo”, termine insolito nel linguaggio  tecnico- economica.

Un’affermazione del genere si è guardato bene dal farla Paolo Savona, controverso ministro agli Affari Europei, felicissimo di lasciare il governo e andarsene alla Consob, l’autority che vigila sull’andamento della Borsa.

Berlusconi, che non è nato ieri, ha commentato il passaggio di Savona alla Consob come  occasione colta per sottrarsi alla “tempesta” che si abbatterà sull’Italia grazie agli errori e alle millanterie del governo Lega-5Stelle che dovrà fare i conti con la realtà dei numeri e dei mercati.

Ma nulla lasciava prevedere che si arrivasse ad aprire un conflitto con la Francia , Paese storicamente amico dell’Italia, legato da mille reciproci interessi commerciali ed economici (Fincantieri –TAV- Alitalia- ) , cofondatore dell’Unione Europea, determinante negli indirizzi europei a trazione  tedesca (Merkel ) e ,quindi, in posizione privilegiata per poter, nell’eventualità, essere di aiuto all’Italia.

Soltanto una visione infantile della politica, dei rapporti internazionali, delle regole scritte e non scritte fra Stati, poteva spingere Di Maio, vice-presidente del governo italiano, a un incontro ufficiale  con un capopolo dei gilet gialli in vista di possibili accordi per il voto europeo.

Il personaggio -abbiamo appreso- ha militato nelle formazioni della Le Pen , successivamente ha sostenuto Macron, auspica la guerra civile ed ha invitato un generale  in conflitto con Macron a prendersi il potere manu militari . E’ lo stesso personaggio di quella frangia del movimento che qualche sabato fa, fra auto incendiate, vetrine distrutte e scontri con la polizia, ha tentato di sfondare il portone del Ministero degli Esteri francese.

Si può essere più sprovveduti di così ? Cioè  il vice-premier di un governo amico, alleato nell’UE,  si incontra con rappresentanti di un movimento violento,  sedizioso, eversivo, dichiaratamente golpista,  di fatto ingerendosi nelle vicende interne della Francia. Ancora più penosa  la giustificazione addotta da Di Maio: sono andato all’incontro non come vice-premier italiano ma come capo di un movimento politico. In questa affermazione c’è tutto il personaggio e il dramma politico che sta vivendo l’Italia sempre più isolata , dopo la posizione sul Venezuela, nel contesto internazionale. E ora Di Maio che, con quel che-guevara di quartiere di Di Battista, va in Francia a legittimare l’eversione dei gilet gialli.

Il povero Mattarella ha fatto rosso il telefono per cercare di spiegare il momento difficile che sta attraversando l’Italia , i Di Maio e i Toninelli che imperversano, un’alternativa politica che al momento non esiste e un Paese che ha perso i riferimenti per affidare il proprio futuro a una rappresentanza politica competente, adeguata, onesta, espressione di quelle èlites che, a destra come a sinistra, portano e conservano in politica, al di là delle appartenenze, il senso dello Stato. Ma passerà anche questo brutto momento.Sono gli alti e bassi della storia.E’ solo questione di tempo.